Il
titolo della serata richiamava Storyville, il quartiere di New Orleans che,
nella prima metà del Novecento, fu
famoso per i suoi locali notturni, i suoi caffè, le sue bische e i suoi
bordelli… ma anche per la sua grande musica. Era qui che si poteva ascoltare il
jazz dei maggiori trombettisti e pianisti. Perciò, Bosso e Ottolini hanno
scelto una selezione di brani legati alla storia di New Orleans e di questo
quartiere. Di cosa parlavano? Di musica, ovviamente, ma anche di amore, denaro
mancante e gioco d’azzardo, dipingendo un vivace affresco sociale. Questo
richiamo a un genere ormai “storico” si accompagnava alla ricerca di un jazz
“delle origini”, profondamente corale e quasi primordiale nella sua intensità.
D’altronde, vicende scottanti come quelle a cui abbiamo accennato non possono
essere narrate in punta di forchetta. Hanno bisogno di forza, di ruvidezza
anche… ma di una ruvidezza non priva d’ingegno.
Sono stati eseguiti brani di W.C. Handy (1873 – 1958),
noto come “il padre del blues”, genere imparentato col jazz. La sua opera
influenzò anche compositori europei come Maurice Ravel. Suo è il celebre
“Memphis Blues”, che fu campione d’incassi.
“Si tu vois ma mère”,
invece, era di Sidney Bechet (1897-1959): una canzone d’amore filiale e
nostalgia.
Ovviamente, non sono mancati omaggi a Lil Hardin
(1898-1971), nota come “moglie di Louis Armstrong”, quando invece andrebbe
ricordata come pianista e compositrice di talento, nonché artefice della musica
del marito.
“Do You
Know What It Means to Miss New Orleans” è famosa per l’esecuzione fattane da
Louis Armstrong (1901-1971) e Billie Holiday (1915-1959). Per la serata manerbiese, era stata
arrangiata proprio da Vanessa Tagliabue Yorke, “la principessa del jazz”.
Certamente, però, la storia che ha fatto più sorridere e
commuovere dev’essere stata quella raccontata da “Aunt Hagar’s Blues”, altra composizione
di Handy. Il vecchio diacono Splivin non permette ai ragazzini di suonare i
loro amati brani blues in chiesa. Allora, questa matura signora devota cosa fa?
Prende le loro difese, perché la “musica del diavolo” le ha restituito il
benedetto piacere di ballare e provare la gioia di vivere. Credo non ci siano
parole migliori per riassumere questa serata.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N.198 (dicembre
2023), p. 22.
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