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Il Teatro Grande arriva a Manerbio

Una scena dalla "Bohème" pucciniana: il primo incontro fra Mimì e Rodolfo
Una scena dalla Bohème pucciniana
(immagine tratta dal web)
Perché mai solo gli abitanti di un capoluogo dovrebbero godere del piacere dell’opera lirica sotto casa? Nell’estate 2023, la rassegna “Il Grande in Provincia” ha portato immortali capolavori in diversi Comuni della provincia di Brescia. Il progetto, ovviamente, è stato realizzato dalla Fondazione Teatro Grande e dalla Provincia di Brescia. Ha visto la collaborazione della Fondazione Provincia di Brescia Eventi. 

            L’11 settembre è stato proprio il turno di Manerbio. Per il Recital d’Opera in programma, il teatro scelto è stato il giardino di Villa Rosa, col benestare del Comune. In quella degnissima cornice, si sono esibiti il soprano Anna Cimmarrusti, il baritono Paolo Ingrasciotta e il pianista Lorenzo Di Stefano.

            Cimmarrusti ha all’attivo numerose esecuzioni del repertorio cameristico, sinfonico e sacro in Italia e all’estero. Affianca al repertorio lirico-sinfonico e liederistico l’interesse per quello barocco. Ingrasciotta è stato finalista e vincitore di numerosi concorsi, fra cui il Concorso lirico internazionale “Toti dal Monte” di Treviso, il Concorso lirico internazionale “Giacinto Prandelli” di Brescia, il premio lirico” Città di Venezia”. Di Stefano, grazie alla sua versatilità e alla sua ampia conoscenza musicale, lavora come direttore d’orchestra, maestro del coro, direttore musicale di scena/Studienleiter, répétiteur/vocal coach. Si è anche laureato in Lettere presso l’Università La Sapienza di Roma, con una tesi in Storia ed Estetica del Teatro Musicale.

            A Manerbio, hanno proposto un repertorio di dodici fra arie, duetti e brani strumentali. La prima era “Vision fugitive” dalla “Herodiade” di J. Massenet (1842-1912): Erode, marito di Erodiade, sogna la figliastra Salomè, che lui concupisce. È poi venuta “Depuis le jour” dalla “Louise” di G. Charpentier (1860-1956): la protagonista esprime la propria gioia per la nuova vita col suo beneamato. “Cruda… funesta smania” era invece tratta dalla “Lucia di Lammermoor” di G. Donizetti (1797-1848): Enrico, fratello della protagonista, sfoga il proprio sdegno per il fatto che la sorella si sia innamorata di un nemico della loro famiglia. “Qual fiamma avea nel guardo!” esprime la paura di Nedda per l’eventuale gelosia del marito, ne “I Pagliacci” di R. Leoncavallo (1857-1919). La successiva “Fantasia” era un brano strumentale compreso nella medesima opera, mentre il duetto “Silvio! A quest’ora…” narrava l’incontro segreto fra Nedda e il suo amante.

            “Largo al factotum” era una famosissima aria da “Il barbiere di Siviglia” di G. Rossini (1792-1868), mentre “Steal me. Oh, steal me, sweet thief” proveniva da “The old maid and the thief” di G.C. Menotti (1911-2007). Sia la lingua del libretto che l’epoca di composizione parlano di un’era nuova: quella dell’opera radiofonica, scritta per la trasmissione in onda e non per le scene. Ma è tornato l’Ottocento con l’ “Intermezzo” tratto dalla “Manon Lescaut” di G. Puccini (1858-1924). “Ya vas ljublju” era una dichiarazione d’amore da “La dama di picche” di P.I. Čajkovskij (1840-1893), più famoso per il balletto “Il lago dei cigni”. Non poteva mancare “La bohème” pucciniana, con “Sì. Mi chiamano Mimì” e “Son io. Speravo di trovarti qui”: la protagonista, un’umile ricamatrice di fiori, è innamorata di un artista bohémien (da cui il titolo dell’opera), che non la renderà però felice…

            Nel giardino di Villa Rosa, un repertorio già tanto emozionante di per sé è stato ancora più suggestivo. Prima di concludere lo spettacolo, i cantanti e il pianista hanno voluto salutare il pubblico con una piccola sorpresa: “Là ci darem la mano”, celebre duetto fra Don Giovanni e Zerlina, dal “Don Giovanni” di W.A. Mozart (1756-1791). Anche se allude a una seduzione menzognera, il brano ha comunque chiuso il recital all’insegna della speranza e della passione.


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