Una scena dalla Bohème pucciniana (immagine tratta dal web) |
L’11
settembre è stato proprio il turno di Manerbio. Per il Recital d’Opera in
programma, il teatro scelto è stato il giardino di Villa Rosa, col benestare
del Comune. In quella degnissima cornice, si sono esibiti il soprano Anna Cimmarrusti,
il baritono Paolo Ingrasciotta e il pianista Lorenzo Di Stefano.
Cimmarrusti
ha all’attivo numerose esecuzioni del repertorio cameristico, sinfonico e sacro
in Italia e all’estero. Affianca al repertorio lirico-sinfonico e liederistico
l’interesse per quello barocco. Ingrasciotta è stato finalista e vincitore di
numerosi concorsi, fra cui il Concorso lirico internazionale “Toti dal Monte”
di Treviso, il Concorso lirico internazionale “Giacinto Prandelli” di Brescia,
il premio lirico” Città di Venezia”. Di Stefano, grazie alla sua versatilità e
alla sua ampia conoscenza musicale, lavora come direttore d’orchestra, maestro
del coro, direttore musicale di scena/Studienleiter, répétiteur/vocal coach. Si
è anche laureato in Lettere presso l’Università La Sapienza di Roma, con una
tesi in Storia ed Estetica del Teatro Musicale.
A Manerbio,
hanno proposto un repertorio di dodici fra arie, duetti e brani strumentali. La
prima era “Vision fugitive” dalla “Herodiade” di J. Massenet (1842-1912): Erode,
marito di Erodiade, sogna la figliastra Salomè, che lui concupisce. È poi
venuta “Depuis le jour” dalla “Louise” di G. Charpentier (1860-1956): la
protagonista esprime la propria gioia per la nuova vita col suo beneamato.
“Cruda… funesta smania” era invece tratta dalla “Lucia di Lammermoor” di G.
Donizetti (1797-1848): Enrico, fratello della protagonista, sfoga il proprio
sdegno per il fatto che la sorella si sia innamorata di un nemico della loro
famiglia. “Qual fiamma avea nel guardo!” esprime la paura di Nedda per
l’eventuale gelosia del marito, ne “I Pagliacci” di R. Leoncavallo (1857-1919).
La successiva “Fantasia” era un brano strumentale compreso nella medesima
opera, mentre il duetto “Silvio! A quest’ora…” narrava l’incontro segreto fra
Nedda e il suo amante.
“Largo
al factotum” era una famosissima aria da “Il barbiere di Siviglia” di G.
Rossini (1792-1868), mentre “Steal me. Oh, steal me,
sweet thief” proveniva da “The old maid and the thief” di G.C. Menotti (1911-2007).
Sia la lingua del libretto che l’epoca di composizione
parlano di un’era nuova: quella dell’opera radiofonica, scritta per la
trasmissione in onda e non per le scene. Ma è tornato l’Ottocento con l’
“Intermezzo” tratto dalla “Manon Lescaut” di G. Puccini (1858-1924). “Ya vas
ljublju” era una dichiarazione d’amore da “La dama di picche” di P.I. Čajkovskij
(1840-1893), più famoso per il balletto “Il lago dei cigni”. Non poteva mancare
“La bohème” pucciniana, con “Sì. Mi chiamano Mimì” e “Son io. Speravo di
trovarti qui”: la protagonista, un’umile ricamatrice di fiori, è innamorata di
un artista bohémien (da cui il titolo dell’opera), che non la renderà però
felice…
Nel
giardino di Villa Rosa, un repertorio già tanto emozionante di per sé è stato
ancora più suggestivo. Prima di concludere lo spettacolo, i cantanti e il
pianista hanno voluto salutare il pubblico con una piccola sorpresa: “Là ci
darem la mano”, celebre duetto fra Don Giovanni e Zerlina, dal “Don Giovanni”
di W.A. Mozart (1756-1791). Anche se allude a una seduzione menzognera, il
brano ha comunque chiuso il recital all’insegna della speranza e della
passione.
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