La serie di mostre “In Essere”, al Bar Borgomella di Manerbio, diventa intercontinentale, con l’apporto di Macarena Guillen. Argentina d’origine, viene da una famiglia di artiste. La madre era infatti pittrice e ha trasmesso la passione alle figlie.
Macarena è un’artista-artigiana; ama
dare una nuova vita a oggetti d’uso quotidiano. Questo è stato evidente nella
sua mostra personale, dal 5 al 18 giugno 2022. Alcuni vasi (che ospitavano cactus)
erano rivestiti con stoffe coloratissime fatte a mano, provenienti dalle Ande:
si trattava di tovaglie riciclate, valorizzate per le tinte e per la forte
impronta etnica che le caratterizzava. Il copertone di una ruota da bicicletta,
invece, era diventato la cornice d’uno specchio rotondo. Sempre rotondi erano i
centrini trasformati in acchiappasogni: così leggeri, sembravano proprio ragnatele
tese a fermare gli incubi (anche se pare non fosse questa la funzione
originaria di questo tipo di manufatto).
Bianche e globulari erano le lampade
di Macarena, con tanti forellini simili a macchie lunari. Quando erano accese,
la luce si frammentava, uscendo da tutte quelle piccole aperture, e faceva il
verso alla notte stellata.
Accanto a questo tipo di produzione,
non mancavano opere più convenzionalmente artistiche, come dipinti o sculture.
Una bianca testa di giraffa in ceramica aveva fiori rossi al posto delle
macchie. Tre maschere dalle fattezze vagamente azteche erano appese al muro:
una recava una corona che la rendeva simile a un imperatore; un’altra era più
surrealista, con mani che sbucavano dal cranio per appoggiarsi all’orlo del
copricapo. La più enigmatica era quella con mani che non solo spuntavano dalla
testa, ma andavano anche a coprire gli occhi: una rappresentazione delle
autoillusioni e dei limiti mentali?
Un quadretto con una Catwoman che si
dedicava a un lecca-lecca rotondo era alquanto conturbante e allusiva.
Intensi e degni di nota erano
soprattutto i volti della Guillen. Uno era una sorta di caricatura: un uomo con
baffi e cappello che fumava una sigaretta, dai tratti deformati per lo
stiramento in verticale del volto. Nell’immaginario degli europei, avrebbe
potuto essere un totem.
Su una tela, un volto maschile
(naturalistico, stavolta, ma realizzato in bianco e nero) fissava gli
osservatori con uno sguardo profondo, incorniciato da rughe. Un altro volto era
femminile e immerso nella preghiera; stavolta, gli occhi erano chiusi. La sua
intensità era quella dell’introversione.
Ciò che colpiva, in ogni
realizzazione artistica della Guillen, era il tocco magico che la
caratterizzava. Per semplici che potessero sembrare, le varie opere portavano
l’impronta di una forte immaginazione creativa. Ricordavano un poco le
atmosfere fatate de La casa degli spiriti di Isabel Allende o del film
d’animazione Encanto. Giusto per sottolineare che l’arte è magia reale.
Pubblicato su Paese Mio
Manerbio, N. 181 (luglio 2022), p. 8.
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