Passa ai contenuti principali

Musica dal vivo per ville e cascine

miichelas manerbio cascina carrera
I Michelas alla Cascina Carrera di Manerbio

Continuano gli appuntamenti dell’iniziativa “Piano in casa”, organizzata dal Comune di Manerbio, dalla Biblioteca Civica (nella persona di Giambattista Marchioni) e dal progetto “Magazzino Merci Manerbio”. Il 29 agosto 2018, l’appuntamento si è tenuto nella Cascina Carrera, in via Magenta. L’arch. Graziella Freddi ha illustrato la struttura dell’edificio, interessata dal boom economico, che portò al bisogno di spazi per le nuove macchine agricole. 
            La cascina fu registrata nel catasto napoleonico, il che significa che già esisteva agli inizi dell’Ottocento. Particolarmente interessanti sono gli accorgimenti pratici: il pavimento inclinato della stalla, per raccogliere gli escrementi animali; una botola che collegava il fienile alla suddetta stalla; un “leccasale” che arricchiva di sali minerali l’alimentazione delle mucche; la “fascia antitopo”, ovvero la parte liscia delle mura del granaio, che serviva ad arrestare l’arrampicata dei roditori. Essa veniva impiegata anche come “lavagna”, per calcolare la quantità di granaglie accumulate. 
            La cascina comprendeva una residenza padronale distinta dall’alloggio dei dipendenti, ma priva di fasti. Il portico garantiva una zona ombreggiata e fresca; un’antenata dei proprietari attuali ebbe l’idea di decorarlo con una pianta di vite americana, “tendaggio” naturale dai colori gradevoli. Naturalmente, c’era anche un orto. L’aia era destinata alla lavorazione del granoturco (per sgranarlo o farlo seccare). La presenza di un bagno distingue la cascina dalle altre dell’epoca. Oltre alla concimaia, erano presenti un pozzo e un abbeveratoio per le mucche di ritorno dalla campagna.
Parlare di case rurali significa anche parlare di tempi lenti, fede nella Provvidenza, relazioni forti, accettazione delle difficoltà. Significa parlare di fiabe, molto legate allo scenario di campagna e alle paure… ma sempre con la rassicurante presenza degli adulti.
L’intrattenimento musicale è stato curato dal trio “I Michelàs” (probabile riferimento al proverbio sul mestiere di “majà, béer e ‘ndà a spas”). Coerentemente con l’ambientazione, indossavano abiti contadini in stile “Albero degli zoccoli” e hanno suonato mandolino, fisarmonica e chitarra. Il repertorio si componeva delle musiche di Luigi Damiani e dei testi di Memo Bortolozzi.
           
casa pisano finadri manerbio ingresso
Casa Pisano Finadri
Un cambio di scena si è verificato il 5 settembre. Stavolta, i manerbiesi sono stati ospitati dal giardino di Casa Pisano Finadri, in via Diaz. Come ha illustrato l’ing. Paolo Ungaro, essa si trova nel cuore della Manerbio medievale, compreso già nella cinta muraria del X-XI sec.  A ogni modo, nel XV sec., questa dimora non c’era ancora. Sia la meridiana sul frontone, sia un acquaio in pietra presente in una stanza riportano l’anno “1536” e le iniziali “A.L.” L’acquaio è contrassegnato dallo stemma dei Luzzago. Quest’area, infatti, era di proprietà del casato; lo testimonia anche ciò che rimane della casa-torre detta “Torrazza”, nella piazzetta Boninsegna. Il catasto napoleonico, naturalmente, registra anche questa villa. L’evoluzione architettonica principale è della prima metà del ‘900. L’aggiunta di due ali diede all’ingresso l’aspetto scenografico che ha ora. I Pisano Finadri, proprietari della dimora agli inizi del XX sec., possedevano anche diverse cascine nella campagna manerbiese. Alcuni pezzi riutilizzati nell’edificio (es.: un abbeveratoio in pietra) provengono proprio da queste cascine ed hanno dunque un valore documentario. Una bella applique déco negli interni ricorda, invece, i primi del ‘900. 
emma baiguera chitarra manerbio
Emma Baiguera e la sua chitarra
            Sotto il portico della villa, il pubblico è stato intrattenuto dalla chitarra di Emma Baiguera, che ha interpretato i seguenti brani: “Fantasia VII per violino solo” di G.P. Telemann (1618-1767); “Mazurka Apasionada” di A. Barrios Mangoré (1885-1944); “Tres canciones populares mexicanas” di M.M. Ponce (1882-1948); “Ave Maria, Canto dei mietitori” e “Variazioni attraverso i secoli” di M. Castelnovo-Tedesco (1895-1968).

Paese Mio Manerbio, N. 136 (settembre  2018), p. 6.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...