Passa ai contenuti principali

La questione migranti tra paure e responsabilità

Le migrazioni di massa e la loro gestione: un argomento assai concreto e quotidiano. Per questo, non sarebbe potuto passare in silenzio l’invito del Comitato Senza Confini: partecipare al dibattito “Migranti: l’invasione che non c’è”. Esso si è tenuto al Teatro Civico “M. Bortolozzi” di Manerbio, il 5 dicembre 2017. 
migranti l'invasione che non c'è
Laura Alghisi, Claudio Taccioli, Giorgio Cremaschi
e don Fabio Corazzina al Teatro Civico "M. Bortolozzi"
di Manerbio (BS)
            Il dibattito era introdotto da Laura Alghisi, sindaca di Verolavecchia. Partecipavano: Giorgio Cremaschi, esponente della Piattaforma Sociale Eurostop; Claudio Taccioli, del Comitato Senza Confini; don Fabio Corazzina, parroco di S. Maria in Silva ed ex-Coordinatore di Pax Christi.
            Taccioli ha spiegato che il Comitato si è costituito di recente, davanti agli sfratti di inquilini rimasti disoccupati e alla condizione dei senzatetto. Quanto alla retorica dell’ “aiutiamoli a casa loro”, Taccioli ha menzionato casi d’investimenti italiani in altri continenti, finiti al centro di polemiche: la diga Gibe III nella Valle dell’Omo, in Etiopia, che metterebbe in crisi un sistema agropastorale basato sulle piene del fiume e sulla pesca; la centrale elettrica a carbone a  Pljevlja, in Montenegro, contestata come inquinanti; l’allevamento di bestiame in Patagonia, a prezzo dell’allontanamento dei locali Mapuche. Insomma: “aiuti” che sarebbero finanche controproducenti. Il Comitato da lui rappresentato si occupa sia di costruire simili atti d’accusa, sia di fermare gli sfratti in Italia.
            Cremaschi ha individuato una causa delle condizioni di sfruttamento proprio nella perdita del permesso di soggiorno, prevista qualora non si accetti un posto di lavoro. In questo senso, è vero che “gli immigrati accettano le condizioni di lavoro peggiori”, come si suol dire quando li si presenta come concorrenti degli italiani nel trovare un impiego. La diffusione di simili concetti è stata ricondotta da Cremaschi a una strategia propagandistica di “divide et impera”: nutrire il rancore tra lavoratori sfruttati, perché non possano fare fronte comune contro gli sfruttatori.
Kemi Seba, un attivista citato da Cremaschi, ha bruciato in pubblico alcuni Franchi CFA, una moneta in corso nelle ex-colonie francesi e accusata da Seba di penalizzare l’economia locale. Per questo, è stato arrestato. Il problema da lui sottolineato è un esempio di come la distruzione delle condizioni economiche parta da cause remote (valore della moneta, retaggi di colonialismo, interessi privati).
            Don Fabio, essendo un religioso, ha aggiunto osservazioni d’altro carattere: la famosa “perdita delle radici religiose”, spesso attribuita all’arrivo di immigrati islamici. Ha sottolineato come, in merito, egli trovi assai più influente la difficoltà di “santificare le feste”, quando viene richiesto di lavorare in giorni festivi; o il blocco psicologico che impedisce di pregare sui luoghi di lavoro. Alla facilità del trovare capri espiatori, o del consegnare la “risoluzione” in mano a indifferenza e metodi polizieschi, don Fabio ha contrapposto la necessità del dialogo.

            Da parte del pubblico, è emersa l’esigenza che l’accoglienza e il dialogo avvengano nel rispetto della disciplina e della comunità locale. Si è espressa anche la rabbia di una parrocchiana verso alcuni arcipreti, disposti a spendere per la bellezza della liturgia, ma non per le opere di soccorso sociale (ignorando il parere dei fedeli). Un presente ha sottolineato la situazione per cui le persone bloccate nei centri di accoglienza o in condizioni di indigenza sarebbero “costrette” a delinquere. La parola d’ordine del dibattito è stata: “rancore”. Non solo la povertà va aumentando, ma anche il desiderio di “far sparire” (fisicamente) coloro che non possono più generare profitto. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...