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Il paesaggio bresciano fra arte e natura

Arch. Dezio Paoletti
Il 9 marzo 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, l’arch. Dezio Paoletti ha illustrato i “Paesaggi naturali e costruiti in ambito bresciano: complessità, varietà e peculiarità della più ampia provincia lombarda” alla Libera Università di Manerbio. Le prime fotografie proiettate riguardavano Venezia, a ricordare come l’area fosse, un tempo, una ricca parte della Repubblica di San Marco. Lo ricordavano anche i “leoni marciani” sparsi nella Bassa, rimossi in età napoleonica. Rimane il “leone in moleca” (inscritto in un tondo) di Orzinuovi. Rimane anche Palazzo Mocenigo Gambara a Venezia, che porta il nome di due casati bresciani. Come nel caso della Serenissima, del resto, l’architettura bresciana non può prescindere dal rapporto con l’acqua. Prima delle civiltà etrusca e romana, l’area della Bassa (in particolare) era acquitrinosa. Renderla abitabile e fertile comportò non infimi lavori di bonifica. Gli illetterati abitanti della pianura impararono a sfruttare i dislivelli nel letto dei fiumi per deviare l’acqua verso i campi o sviluppare forza motrice. Ne sono esempi i mulini ad acqua e i magli; Paoletti ha citato quello di Pontevico. All’aspetto economico si unisce quello devozionale: presso i fossi, non di rado, ci sono piccoli santuari mariani, a sottolineare la sacra importanza dell’acqua per l’agricoltura. In comune con Venezia, le campagne bresciane hanno i ponticelli arcuati e senza sponde che uniscono talora i campi: struttura tuttora efficace a reggere grandi carichi. 
Museo del Maglio di Pontevico

            La natura del suolo influisce sui materiali impiegati nella costruzione. L’alta pianura è ricca di ciottoli; vi scarseggiano dunque i grandi porticati ad arco, che richiedono i laterizi (e i proventi di un’agricoltura redditizia). Laterizi e arcate si ritrovano, invece, nell’argillosa Bassa.
            Significativa è la pietra: l’arenaria di Sarnico, bergamasca, ma impiegata anche nelle cascine bresciane; ma, soprattutto, il marmo Botticino, estratto in località come Botticino (appunto) e Rezzato. Le sue tonalità calde lo rendono particolarmente gradevole a livello estetico.
            Marmo e acqua si uniscono in un monumento di Brescia, la Fontana della Pallata (1597). Pier Maria Bagnadore (Orzinuovi, 1550 – Brescia, 1627) citò in essa le figure michelangiolesche delle Tombe Medicee. I due fiumi della Pallata sono il Garza e il Mella. Brescia vi è allegorizzata come una Minerva (saggezza, soprattutto architettonica e pratica) con cornucopia (abbondanza di prodotti agricoli). L’acqua raccolta nel basamento era destinata ai buoi e ai cavalli che trainavano i carri.
            Il particolare microclima del lago di Garda ha reso l’area famosa per le limonaie più settentrionali d’Europa. Ai piedi del Castello di Brescia, invece, si estende il Vigneto Pusterla, il più grande d’Europa all’interno di un centro storico.
La Fontana della Pallata, a Brescia

            Paoletti ha proiettato anche alcuni dei materiali che hanno illustrato il paesaggio agrario bresciano all’Expo Milano 2015. Essi parlavano del “fatulì”, un formaggio caprino di nicchia prodotto col latte della “bionda dell’Adamello”. Poi, erano presenti il formaggio vaccino della Valvestino e la farina di monococco di Cigole. Per gli antichi Romani, San Paolo era il “Pagus Farraticanus”, il “villaggio del farro”. Una fotografia mostrava l’impiego del “bastarèl”, un grande cuscino che permette di trasportare il fieno sulle spalle (e risparmiare sugli animali o le macchine da lavoro). Alfianello è famoso per un’altra ragione, quel “bolide” caduto nel 1883: un pezzo di meteorite i cui frammenti sono stati destinati ai musei di tutto il mondo.
            Fra le architetture che caratterizzano le campagne bresciane, non potevano mancare passeraie e piccionaie, senza le quali non potrebbero esistere i famosi “polènta e osèi”.


Paese Mio Manerbio, N. 119 (aprile 2017), p. 14.

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