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Le rose della notte I, 4

Parte I: Sorelle



4.

Margherita appoggiò mollemente la schiena alla sedia. Seguì, per un attimo, le linee dell’uomo vitruviano riprodotto sul piano del tavolino, sotto le briciole di biscotto. Prese la tazzina e vuotò le ultime gocce di caffè. 

            Davanti a lei, Lobelia DeMona – al secolo, Chiara Fiorucci – la guardava attraverso gli occhiali, giocherellando con la propria sciarpetta. «Sarebbe bello un incontro fra il S.O.P.A. e la Goliardia perugina» commentò a mezza voce. «Ma non so quanto il mio vecchio Ordine sarebbe bendisposto… almeno, alcune Anziane».
            «Ormai, puoi considerarti una clerica vagans a tutti gli effetti» celiò Margherita, con un’affascinante fossetta sulla guancia.
«I clerici vagantes sono detti “goliardi” come noi, ma non c’entrano niente con gli Ordini… quelli sono novecenteschi» corresse Lobelia.
            Le ciglia dell’altra velarono i suoi cristallini occhi castani: «Ah, ok… Il tuo è solo femminile, giusto?»
«Esatto. Secretus Ordo Phili Ariannae, o il Filo di Arianna (*)».
«Che c’entra con Pavia?»
Lobelia si scostò una delle ciocche nere che le lambivano il volto affusolato: «Non sai cosa c’è, nella chiesa di S. Michele Maggiore?»
«No… Non ho ancora avuto modo di visitare la città»
«Bene. C’è un Labirinto, un mosaico pavimentale della prima metà del XII secolo. A pianta circolare, con un solo percorso possibile che guida al centro. Ce n’è uno simile anche a Chartres e in altre località che ti lascerò il piacere di scoprire». Lobelia si distese, con un sorriso sornione sulle labbra. «Il “Filo di Arianna” è il tentativo di orientarsi… lo sforzo della cultura e dell’intelligenza per cercare la verità».
«Davvero molto mistico» apprezzò Margherita.
«Beh, non esageriamo…» si schermì l’altra. «Le divinità dei goliardi sono Bacco, Tabacco e Venere. Quindi, per ardore mistico, intendiamo tutt’altre cose».
            L’amica scoppiò a ridere.
«Il nostro manto è color porpora… anzi, color mestruo» proseguì la goliarda. «E questo dovrebbe darti un’idea dei nostri simbolismi…»
Margherita piegò le labbra in un’espressione di delizia.
«Cavoli… sono quasi le sei!» si sorprese, gettando un’occhiata all’orologio da polso. «Chiara, mi dispiace, ma farò meglio ad andare… Devo cominciare ad aprire i libri, se vorrò mantenere il posto in collegio».
            Lobelia sospirò: «Non morirci, eh… A presto!»
Si scambiarono un bacio sulle guance. Margherita si infilò il cappotto grigio sciancrato e scese al pianterreno. Salutò il barista, dietro il bancone decorato da sinuose figure femminili. Uscendo dal “Caffè dell’Arte”, le balenò alla mente il ricordo di quell’amazzone che aveva urtato nel vicolo, la notte precedente. “Occhio ai cattivi incontri!” Non sapeva se fosse uno scherzo della propria memoria, ma le parve di rimembrare una nota di sensualità, in quella raccomandazione ironica. Rabbrividì – non per il freddo.

[Continua]


(*) A Pavia, esiste realmente una tradizione goliardica. Ma questo Ordine è rigorosamente inventato, come gli altri che compaiono nella storia.

Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (27 ottobre 2016).

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