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“Il viaggio di ritorno”, di Andrea Tirelli (Del Poggio Ed.)


"Scrutare degli esseri umani cercando di raffigurare le improprie esperienze, con la determinazione nel compiere un atto volontario calibrando la parola a seconda di cosa si sente in giro e in contemporanea all’ambizione che fermenta in sé… ebbene per Marco le persone si diversificano, si complicano, anche trasparendo scherzosamente, ma ancora onestamente, perché in qualcosa bisogna credere, consci di un’entità innalzatasi non per disintegrare il bene terreno con della sorda autorevolezza, bensì mettendo in pratica una carità immensa. 


 In questo romanzo s’è in grado d’intuire luci sia sferzanti che tenere, quelle tipiche delle località meridionali, grazie a Marco appunto, che non smarrisce affatto il candore e la passionalità caratterizzanti un popolo orgoglioso delle sue radici, nonostante quest’uomo si sia reso forte con spiccata ragionevolezza nel corso della vita, essendo uno stimatissimo dottore che alla fine della giostra, in amore, non può fare a meno della sua metà, di nome Valeria, ossia di una persona al passo coi tempi (pure troppo), dai ritmi che possono lasciare senza respiro… eppure protesa alla solidarietà. 

Il tutto comincia da un mattino che inciderà poi in ogni maniera al fine di ricominciare ad amare.
                                                     
Il protagonista della storia denota che gli resta solo l’occasione di tornare alle proprie origini per commemorare la sua mamma, raccogliendo scatti di un passato che lo espone unicamente.

L’uomo soffriva quasi nel porgere dei banali quesiti a Valeria, affinché quest’ultima si ritenesse adeguata; decretando così la decadenza di una complicità appena consacrata in teoria, quando piuttosto essa deve valere un’opera cinematografica, che non ti stanchi di seguire passivamente per capirne il soggetto, e scambiarsi così perfino delle nozioni rientrando nei ruoli assunti per sancire il quotidiano dall’esterno.

Circa l’eventualità di divenire genitori questa coppia non aveva mai disquisito, e anche da ciò si potrebbe dedurre che il Silenzio è miscelatore di un desiderio reciproco.

Il rimedio alle cose che non vanno è sacrosanto dacché ricavato prima del suo nascere, e sembrava fustigare la scarsa attitudine di Marco quand’era bambino a tessere allegramente, bene in vista, delle amicizie, quasi a pretendere la rigogliosità di un sistema suppergiù impeccabile, però rigidissimo.

La disperata situazione in seno a Maria, la madre, intensificava nuovamente le lesioni riportate da una vita in famiglia; al massimo le tradivi riflettendo su come siano sorprendenti le alcove di provincia, che paiono piccole e insignificanti da fuori, mentre dentro l’orientamento può venire meno a fronte di un immenso patrimonio a più piani, la cui appartenenza ti travolge splendidamente, a lungo andare.

Marco era solito lanciare il guanto della sfida al patimento, spesso e malvolentieri dovette girare e rigirare ragionevolmente in mano delle vicende agghiaccianti, generate da scioccanti dolori, talmente aggressivi da implicare una sensibilità estrema; eppure ora le attenuanti rischiavano di dissolversi in un battito di cuore, dovendo aderire al vissuto di una persona speciale, che procedeva spedita fino alla sua fine terrena, e non si poteva fare altro che assisterla forse, col pensiero d’esserci stato in braccio, che si narra da sé.

E’ in momenti come questi che si viene a sapere d’impatto dello spreco di certi giorni, mesi, anni… delle lontananze volute, per cui non si torna poi più indietro.

Ma la felicità si stampa sul viso di ognuno appena si ha la sensazione di stare bene in un luogo imparziale, piccolo.

Il romanzo dipende dalle normali mosse di un uomo che ha studiato per essere considerato positivamente, raggiungendo magari la notorietà a livello internazionale, di poco conto dacché capace egli d’intuire la soluzione per imporsi nel suo lavoro senza pressare nessuno; ma disponendo anche di quell’ingenuità tutta al naturale per sorprendere in bene e con un fare spiazzante.

Nonostante il bisogno di rivedere degli strettissimi rapporti, i personaggi, presi singolarmente, nutrono delle difficoltà nell’agire amorevolmente, difatti per invitare Marco alla spensieratezza, ad accarezzare delle radici, si deve stare per forza insieme.

L’autore di questa storia fa sì che la natura delle cose si riaccenda trattenendola in atmosfera; affinché degl’individui si rincuorino in misura reciproca, in fondo, al minimo incipit, di una propensione materiale, che si manifesta in particolare quando l’appetito vien mangiando tradizionalmente, e risulta fantastico perdersi in un bicchiere d’acqua, nella certezza di sapere di una situazione delicata per filo e per segno, senza che si passi per distaccati e subire delle ulteriori polemiche.

Non v’è cura che non cominci ufficialmente in provincia; e che non si rinsaldi per cuor proprio ritraendo spunto dalla comunicazione più riservata, quella che ti fa ulteriormente capitolare, desiderando tornare alle prime volte di un’emozione accresciuta in tutta futilità come dall’allontanamento forzato.

Marco ridiventa sincero per riparare la sua auto bella che innocua, per cui era impossibile non dipendere da un essere spregevole come Angelino, che non riuscendo da una vita a caratterizzare l’elemento dell’uguaglianza al massimo s’intestardiva sui sintomi, entro dei limiti oramai sanciti.

L’altrove adesso era la realtà rilanciata con scontri meramente passionali, immaginando le sfuriate di Angelino nel suo privato, frequenti e a base di una volgarità che lo imbarazzava ma non lo frenava, partito oramai di testa, compresso nel suo trasporto emotivo.

Leggendo questo libro godi di un’amorevole logica, del tepore di una casa dalle porte aperte almeno per te, per sorprenderti con la vastità complessa e interiore; che trasmette quiete, per confrontarsi opportunamente, senza che si parli e basta, a vuoto.

Conscio che da soli non si va in appositi luoghi, Marco era uno spettatore della privacy della sua famiglia, e gradiva lo show appena fuori dalle mura domestiche, accorgendosi però che qualcun altro lo spiava; e lasciando morire in pace sua madre, una persona minuta, che taceva all’angolo di un pensiero: di segnare la storia di… una famiglia.

Col fratello, Giovanni, poi era dura scambiare delle opinioni pur desiderandolo reciprocamente, tipo sulla figlia, che semiadolescente invocava il percorso da fare studiando, per il bene del Prossimo; o sul figlio che ingurgitava di tutto puntando sugli spazi aperti, con la musica a palla nelle orecchie, da non rendersi conto che non c’era verso di stopparlo, che n’era letteralmente succube, in mezzo alla gente.

Marco non dava nell’occhio replicando a un sentimento, e ciò non smuoveva la constatazione che un curriculum professionale si differenzia tristemente dal vortice degli eterni affetti…!

Un vortice che si sarebbe affievolito riuscendo nell’impresa di baciare la mamma come a incoraggiarla, un moto d’animo che invece insisteva tanto da convincersi che valeva camminare come quando si era soliti fare da perfetti immaturi, per le stradine che si contorcevano, nei meandri della piazza di un paesello, percependo il cambiamento attorno decretato dalla modernità; e poi della banale sonnolenza, perché i ricordi appesantiscono, specie se relativi alla società, alquanto popolana.

I passi in avanti si compiono facendo ciao ai cittadini sparsi qui e là, che una volta liquidati si mettono a confabulare, spremendo la memoria, per riconoscere un uomo tutto d’un pezzo, che tranquillamente di ciò se ne infischiava.

Chiunque blocca la memoria stando al momento da risalire emotivamente, e Marco insisteva quasi come a ribadire questo concetto, facendo lo stupido, animando allegramente un complesso residenziale.

L’intento di caricarsi di pazienza comunque stava per sbocciare, coltivato alla presenza di tutti i membri della famiglia Spina: il peggio che poteva accadere non lo si affronta di certo da invincibili.

Il pronto soccorso mise in allarme una comunità dispettosa, lesta a sconvolgere la reputazione del singolo individuo, sostenendo che Marco era praticamente sceso in Terra per salvare Letizia dalle grinfie di Angelino.

La gente, con in testa Giovanni, era semmai capace di rivendicare il radicamento di una distorsione morale tale da rassegnarsi a credere che le rivoluzioni non esistono, e che non serve ficcare il naso nelle faccende altrui, sul serio; dovendo mirare a sopravvivere, nutrire un minimo di dignità senza pensarci, per la quale bisogna necessariamente tornare in forma rispettando dei tempi imposti senza rivangare nuovamente alcun tipo di giudizio oramai già brutto che dato, specie su Angelino e Letizia.

Durante un’ascesa qualunque ci si stuzzica a vicenda con degli accorgimenti di rito, per giungere alla conclusione ch’è impossibile fare delle scelte pianificando appieno quando ci si sente attivi, altrimenti della frustrazione andrebbe nient’altro che rimarcata, con le sorprese che perderebbero in magia.

Valeria venne accolta dai parenti di Marco con l’intenso beneplacito di Maria, sensibile al fatto che si mise a nudo una figura importante per le sorti del figlio, a differenza magari di una Letizia che miserevolmente celava tracce di sentimentale risolutezza truccandosi; in assidua ragione di un orgoglio civile, seccante, che soffoca le fragilità, a discapito dell’amore tra due persone, da ristabilire in verità.

Dalla personale spiegazione di quanto stava per succedere si ricavava nulla, convinto Marco dapprima di rintuzzare perlomeno un aspetto emotivo tra i parenti stretti, costretti in un domani sempre più prossimo a ricollocarsi in posizioni tali da  svantaggiare nessuno, la sorella Michela in primis ch’era lestissima a sacrificarsi; facendo pesare degli affetti, perché finalmente era giunta l’ora di maturare.

Forte di un attimo di serenità che doveva esserci, Marco rilanciò l’immagine della compagna nelle anime appresso da rinfrescare, sfidando preoccupazioni e smarrimenti di facile influenza; suggestionato semmai dal fratello che se ne usciva alleggerendo la pillola di colpo, seguito da una famiglia tanto grande quanto dissestabile, come se educati da sempre alla Fiducia.

In una nebbia di caro rimando, su di Marco si calamitò Valeria che da dietro con fermezza gli dichiarò senza far rumore d’essere giunta sul posto, di voler essere presente per il loro bene.

Prima di valutare un rimedio davvero rinfrancante bisogna sapere di per sé se a livello sentimentale l’ego può sciogliersi, senza che ci si appassioni alla morte di quello che si è; non pensando quindi alla reputazione andata in rovina, preda del seguito popolare, famelico, sempre e solo successivo, circa una vicenda rifiutata sul nascere.

Le necessità si consumano con una forza d’intesa inequivocabile, e si fa notte giustappunto per liberarsi dal sole che doverosamente esalta le caratteristiche del genere umano a costo di scandalizzare.

Nello sviluppo del romanzo la valutazione di un riferimento oggettivo assume dei rischi di stralcio, per ridare luce a degli atti assolutamente curiosi, all’estremo della logica, concretizzati però come se nulla fosse.

Un senso di quiete passava per le vie del paesello d’origine di Marco, escluso Angelino che trascorreva il tempo a mirare con uno sguardo indecifrabile i movimenti di Marco che comunque aveva modo di bisticciare carinamente con Valeria nel riserbo da curare continuamente, e sotto la buona stella di mamma Maria… talmente sciocchi da contrariarsi unicamente per non far decadere un insignificante parto della mente, in sospeso.

Maria non era mai stata toccata dall’esigenza di sviluppare delle emozioni, apprendendo da un respiro dopo l’altro che tutti gli obiettivi sono infine raggiungibili; e quindi delle nozioni elementari per una dignità che si poteva pur sempre lasciar sconvolgere dall’emissione del buonsenso dall’alto dei cieli.

Eppure il rilascio delle giustificazioni era previsto persino anche per uno come Angelino, resosi solitario in imbarazzo e senza saperlo, attorniato dalla rilevanza di cos’aveva fatto, nelle sembianze maschili, autentiche, di un cattivissimo esempio di civiltà.

Egli intuiva che lo sbaglio commesso era pari a una condanna esemplare da subire, e forse non bastava lo svuotamento delle sue personalissime incapacità, alla gogna pubblica, che comunque dovette indurlo a reagire per il meglio.

Marco che aveva soccorso Letizia a danno del consorte, Angelino, stava scrollando tanto eroicamente quanto inconsapevolmente la psiche di quest’ultimo; che finalmente confessava narrando di un sentimento inconcludente tra due soggetti irrazionali, che fingevano d’essere un tutt’uno.

Proseguendo con la narrazione delle malefatte, l’anima tornava a risplendere, per ricominciare a spaziare e tentare perfino di ricostituire insieme a Letizia quel bisogno d’amore che non ammette solitudini.

A seguito di questa vicenda che gli aveva annientato la forma del suo essere appena divenuta pubblica, Angelino azionò per la prima volta il cervello, per dotarsi della sensibilità al fine di avvicinarsi davvero a Letizia, e sapere di venire considerato in fondo positivamente da lei; comprendendo che fare la parte del buono rende nelle relazioni sociali.

Dunque la coltura del buonsenso la si pratica osservando gli altri… per esempio la complicità dei gesti tra Marco e Valeria arrivò a notarla Angelino, precedendo la coppia stessa…!

I sentimenti si consolidano all’infinito, e gli artefici ne sono ignari, troppo spesso intenti a fare i duri, sterilizzando in teoria, senza di colpo ammettere di stare indietro con la tabella di marcia, che la rincorsa al desiderio di sognare il meglio è la prerogativa.

Il silenzio pregiudicava solo all’apparenza, all’origine impartito in casa Spina col discutibile fare paterno, pur influenzando massicciamente l’immagine di Giovanni agli occhi di Marco… ma controvoglia, percepita poi l’allegria profusa battibeccando per questioni che lasciano il tempo che trovano, consci inoltre che la varietà del genere umano affascina, mettendo a contatto degl’individui per prestare attenzione ulteriormente, al Prossimo… con la maturità per orientarsi nel rispetto di chi proviene da lontano.

Maria riuscì inavvertitamente a riconsacrare i rapporti tra gli Spina, rinforzandoli per il futuro, e il ringraziamento del figlio che sembrava si fosse sradicato dalla famiglia, ora galleggiava nell’immaginario, per sussurrarglielo alla sua tomba.

Si fa presto a dare la colpa a tutti invece che a se stessi, non sostenendo concretamente un ragionamento a proposito degl’inguaribili eventi.

Questo dottore non sapeva ammettere che gli piaceva dettare le regole del suo cuore a tal punto d’abbandonarlo in quello di Valeria, con lei a subirlo appieno nel mutismo generale.

Lui invece godeva nell’essere seguito, adulato, fino a rendersi indispensabile per la minima circostanza… dimenticandosi praticamente d’avere contribuito eccome a cambiare la vita a un tale come Angelino, e, peggio ancora, comportandosi pressoché in una maniera da lui stesso denunciata poco tempo prima!

Le conseguenze di un gesto estremo, come quello di ricordare chi si ha affianco, distruggono, ma non importa, perché ne va dei bisogni primari, con cui non si smette di crescere per… riabbracciare il creato.

L’autore di questo romanzo in realtà ha cercato di spiegare le umane condizioni, oggigiorno sin troppo normali, ch’è una fatica sensibilizzarci dinanzi al fatto, compiuto, che con quanto speso acquisendo il libro ci si dà poi la possibilità di usufruire di qualche soldo da ridare indietro sì, ma immediato, per sopravvivere straordinariamente ovunque, e respirare finalmente della dignità…!

Sono tantissimi coloro che rimandano a data da destinarsi un controllo sanitario sforzandosi a ritenerlo poco importante perché in realtà ha un costo proibitivo, diffidenti all’inverosimile, di modo ché la società degenera e la fine del mondo praticamente si avvicina non volendo attribuirci più dei sentimenti, in mancanza di certe promesse che sono difficili da mantenere, e particolarmente in ambito personale e a contatto coi parenti stretti… promesse che però rappresenterebbero la base per realizzare un cambiamento in positivo, epocale.

Andrea Tirelli

E’ figlio di uno stimatissimo Caporeparto dei Vigili del Fuoco, adesso in pensione, ma nato come carpentiere edile, e di una solare casalinga, innamorata della vita, dotata di una strepitosa capacità di trasformare in positivo anche l’esperienza più tragica. 


Secondo di quattro figli (unico maschio), abbandona, troppo in fretta, gli studi subito dopo la maturità tecnica, perché vinto dal desiderio di realizzarsi nella vita.

Dopo l’adolescenza e la prima giovinezza vissuta in parrocchia, esperienza che gli ha permesso di attraversare sereno i terribili anni ottanta e novanta in uno dei quartieri-serbatoio della manovalanza criminale attratta e soggiogata dalla allarmante diffusione della droga in una città, come la sua, ricca di talenti ma povera di opportunità, a venticinque anni inizia il suo percorso di vita religiosa vestendo l’abito francescano.

Prima di questa scelta attraversa una serie di momenti di cui è sempre protagonista ma che lo lasciano sempre un po’ amareggiato.

Eventi straordinariamente belli ma anche tragici e molto duri segnano questa stagione.

Una forte esperienza di fede insieme con l’esercizio del volontariato e la prossimità con la sofferenza, il contatto continuo con tante storie da accompagnare, lo indirizzano a scelte di attenzione agli altri.

Anche nella vita religiosa il suo passo è segnato dalla “corsa”.

Conclusi in fretta gli studi istituzionali viene inserito nella fraternità di animazione vocazionale nella quale vive da circa quattordici anni ricoprendo diversi incarichi.

Adesso nella sua provincia si occupa di amministrazione ma non stacca mai gli occhi dal mondo e dalla sua ricca capacità di manifestarsi attraverso le storie degli uomini.

La biografia è stata tratta dal seguente link."


                                                                                                                       A cura di Vincenzo Calò

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