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Incontro Islam-parrocchia: pensieri e parole

Il 26 luglio 2016, due terroristi hanno ucciso padre Jacques Hamel nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, vicino a Rouen. Gli attentatori hanno rivendicato la propria appartenenza all’Isis.
            In risposta al gesto, le comunità musulmane, in più luoghi, hanno dimostrato la propria presa di distanza dal terrorismo e la propria solidarietà ai cattolici presenziando alla liturgia in chiesa. Anche a Manerbio ha avuto luogo una versione della manifestazione, il 7 agosto 2016. L’incontro si è tenuto dopo la Messa delle 18:30, sul sagrato della pieve: una collocazione più “neutra” e, allo stesso tempo, più visibile. 

            Circondati da una piccola folla, hanno preso la parola don Tino Clementi, arciprete della parrocchia di S. Lorenzo Martire, e Issa Nabil, imam della comunità islamica presente a Manerbio. Quest’ultima, come sempre, era riunita sotto le insegne dell’Associazione Chorouk, con tanto di cartelli contro la violenza e il terrorismo. Presente era anche il presidente della suddetta associazione, Allal Martaj.
            L’incontro ha preso le mosse dalla comune “discendenza da Abramo”, il patriarca biblico che rappresenta la radice di Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Don Tino, in particolare, ha citato il mancato sacrificio di Isacco: l’episodio archetipico di Gen 22, 1ss., in cui Dio si contenta di mettere alla prova la fede di Abramo, per poi vietargli i sacrifici umani. Issa Nabil ha aggiunto un altro passo: quello di Caino e Abele (Gen 4, 1ss.). Esso presenta l’assassinio come radicato nell’uomo fin dalle origini, nella sua brama e nel suo egoismo, prima dell’elaborazione di qualunque religione. «Non esiste il diritto di uccidere» ha proclamato Nabil, a nome dei correligionari. «Le guerre hanno altre cause, come il possesso del petrolio».
            Nell’intervento dell’imam, era evidente il timore di ritorsioni indiscriminate sulle persone di fede islamica. In Europa, infatti, si fa sempre più strada il concetto di “islamofobia”: quello usato per spiegare le aggressioni ai musulmani in strada, le scritte sui muri delle moschee, gli attacchi personali, i saccheggi dei luoghi di preghiera da parte della polizia e altri episodi simili denunciati già lo scorso novembre in Francia dall’Associazione contro l'islamofobia (appunto). Quello che incombe è lo spettro del facile capro espiatorio. 

            Anche in questo senso si può leggere l’invito finale di don Tino Clementi a “vigilare”, con tanto di richiamo alla parabola della zizzania (Mt 13, 24-30). Vigilare contro la xenofobia e l’islamofobia, ma anche - da parte della comunità musulmana - impegno concreto a isolare e denunciare gli eventuali terroristi al suo interno. Senza tutto ciò, gli incontri di pace sarebbero lettera morta.

            Quello manerbiese del 7 agosto 2016 si è concluso con una preghiera comune silenziosa e tante strette di mano. È stato solo l’inizio; ma è stato conforme ai consigli del prof. Michele Brunelli, docente di Storia ed istituzioni delle civiltà musulmane all’Università degli studi di Bergamo e all’Università Cattolica di Brescia. La sua conferenza sull’Isis al Teatro Civico “M. Bortolozzi” (13 maggio 2016) indicava nel dialogo interculturale l’unico modo per isolare i terroristi e togliere alimentazione al fondamentalismo. Il quale non solo non ha paura di una guerra di civiltà, ma fa di tutto per allargarla.

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