“Sui
treni, per salvarsi, per fermare la perversa rotazione di quel mondo che li
martellava di là dal vetro, e per schivare la paura, e per non farsi
risucchiare dalla vertigine della velocità che certo doveva continuamente
bussargli nel cervello quanto meno nella forma di quel mondo che strisciava di
là dal vetro in forme mai viste prima, meravigliose certo, ma impossibili
perché il solo concederglisi per un attimo istantaneamente rimetteva in corsa
la paura, e di conseguenza quell’ansia densa e informe che cristallizzata in
pensiero si rivelava a tutti gli effetti nient’altro che il sordo pensiero della
morte –sui treni, per salvarsi, presero l’abitudine di consegnarsi a un gesto
meticoloso, una prassi peraltro consigliata dagli stessi medici e da insigni
studiosi, una minuscola strategia di difesa, ovvia ma geniale, un piccolo gesto
esatto, e splendido.
Sui treni, per salvarsi, leggevano.
[…] Nel
senso che forse, sempre, e per tutti, altro non è mai, lèggere, che fissare un punto per non essere sedotti, e rovinati,
dall’incontrollabile strisciare via del mondo. Non si leggerebbe, nulla, se non
fosse per paura. O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui,
si sa, non si saprà resistere. Si legge per non alzare lo sguardo verso il
finestrino, questa è la verità. Un libro aperto è sempre la certificazione
della presenza di un vile –gli occhi inchiodati su quelle righe per non farsi
rubare lo sguardo dal bruciore del mondo- le parole che ad una ad una stringono
il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro
che chiamano libri –la più raffinata delle ritirate, questa è la verità. Una
sporcheria. Però: dolcissima. Questo
è importante, e sempre bisognerà ricordarlo, e tramandarlo, di volta in volta,
da malato a malato, come un segreto, il segreto, che non sfumi mai nella
rinuncia di nessuno o nella forza di nessuno, che sopravviva sempre nella
memoria di almeno un’anima sfinita, e lì suoni come un verdetto capace di far
tacere chicchessia: lèggere è una sporcheria dolcissima.”
ALESSANDRO BARICCO
Da: Castelli
di rabbia, (“Scrittori contemporanei”), Milano, 2006, BUR, pp. 64-65.
Vidi Baricco di persona nel 2005, quando presentava la sua Iliade: buon affabulatore, ma ha il grave difetto di non credere alla storicità di Omero.
RispondiEliminaAh... la cara, vecchia questione omerica... ;-) Comunque, io sono affascinata dalla cosiddetta teoria di Parry-Lord. Se vuoi saperne di più: Albert B. Lord, "Il cantore di storie", Argo (http://books.google.it/books?id=i_xEAgAACAAJ&dq=lord+il+cantore+di+storie&hl=it&sa=X&ei=XwQnU4aRLunOygPSt4Fw&ved=0CEYQ6AEwAA). :-)
EliminaP.S. Comunque, scusa un attimo... come mai tieni tanto all'ipotesi della storicità di Omero? :p
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