“Lucy fece strada e ben presto arrivarono dove si trovavano gli Gnomi. In effetti a guardarli sembravano un po’ strani. Non si capiva perché stavano lì immobili e imbambolati, tutti seduti in circolo, a fissarsi negli occhi. Nessuno di loro si muoveva, anche se le corde che prima li tenevano legati sembravano scomparse. Non si voltarono nemmeno quando Lucy e Tirian gli furono così vicini che potevano toccarli. Poi li videro sollevare la testa, forse perché avevano sentito dei suoni e volevano sapere di cosa si trattava. Ma sembrava che non ci vedessero affatto.
-
Sta’ attento!- disse uno di loro. - Sta’ attento a dove metti i piedi,
altrimenti rischi di venirci addosso.
- Va bene! - si arrabbiò Eustachio. - Guarda
che ce li abbiamo gli occhi: non siamo mica ciechi!-
-
Devono essere occhi magici, se riesci a vedere qua dentro - disse lo Gnomo che
si chiamava Diggle.
-
Dentro dove? - chiese Edmund.
-
Come dove, testa di legno! Ma qui, naturalmente! - esclamò Diggle. - In questa
maledetta, puzzolente stalla buia. -
-
Ma siete diventati ciechi? - chiese Tirian.
-
E cos’altro dovremmo essere, in questo buio pesto? - sbottò Diggle.
-
Ma non è buio, poveri, piccoli, stupidi Gnomi - disse Lucy. - Possibile che non
riusciate a vedere il cielo, e gli alberi, e i fiori? Non vedete neppure me?
-
Dannazione! Come faccio a vedere quello che hai appena elencato? E come fai ad
asserire di vedermi, se qua dentro è buio come la pece?
-
Ma io ti vedo - disse Lucy. - E te lo posso provare. Stai fumando una pipa.
-
Chiunque lo può dedurre dalla puzza di tabacco - rispose Diggle.
-
Oh, poverini! - esclamò Lucy. - Che cosa terribile! -
Poi
le venne un’idea: si chinò e raccolse qualche violetta selvatica. - Senti,
Gnomo - disse. - Anche se sei cieco, sei comunque in grado di sentire i profumi:
annusa qui, senti che buono. -
Fece
per avvicinare quei fiorellini profumati al nasone di Diggle, ma per poco non
si prese un bel pugno.
-
Non ti permettere! - gridò lo Gnomo. - Come osi gettarmi addosso questa
immondizia puzzolente? Puzza di letame! Ma chi diavolo sei, così insolente e
maleducata?
-
Ehi, Uomo della Terra! - disse Tirian. - Porta rispetto. Lei è la Regina Lucy,
mandata in missione da Aslan. Dovete ringraziarla, perché è solo per merito suo
se io, Tirian, vostro unico Re, non vi spacco la faccia, razza di vili
traditori!
-
Certo che hai proprio un bel coraggio! - esclamò Diggle. - Come fai a
raccontare ancora simili balle? Non doveva venire il tuo meraviglioso Leone a
salvarti? E non si è visto nessuno. E ora… ancora adesso… mentre ti trovi qui
con noi, prigioniero in questa stalla infernale, continui a prenderci in giro.
E a inventarti altre bugie. Adesso vuoi farci credere che non siamo legati, che
qui dentro non è buio pesto, e solo il cielo sa che cos’altro.
- È
buio solo nelle vostre zucche vuote! - gridò Tirian. - Uscite dalla tenebre che
vi offuscano il cervello! Fatelo, una volta per tutte! - Detto questo, afferrò
Diggle per la cintura e per la collottola, e lo allontanò dagli altri Gnomi. Ma
un attimo dopo, Tirian lo vide strisciare di nuovo verso i compagni,
tamponandosi il naso.
-
Ahi, ahi! Che cosa mi hai fatto? Mi hai sbattuto contro il muro. Mi hai quasi
rotto il naso.
-
Oh, poveri cari! - disse Lucy. - Che possiamo fare per loro? -
-
Lasciamoli in pace - rispose Eustachio, impietosito.
Ma in quel momento la terra tremò;
la brezza leggera si tramutò in vento e scosse tutte le cime degli alberi. Ci
fu un tuono, seguito da un lampo. Si voltarono tutti, e ultimo Tirian,
terrorizzato da quello che di lì a poco avrebbe sicuramente visto. Ma si
sbagliava, oh, se si sbagliava. Il suo cuore si inondò di gioia perché vide,
proprio di fronte a lui, e per la prima volta nella sua vita, quella creatura
unica e meravigliosa. Aslan era lì, imponente e maestoso. Gli altri erano
inginocchiati tutti intorno a lui, e gli accarezzavano il muso regale e la
criniera splendida e luminosa. E lui li ricambiava, leccando con amore quelle
mani e quei volti. Poi si voltò e guardò Tirian con i suoi occhi magnanimi e
sfavillanti. Tirian si avvicinò, tremando dall’emozione, e si gettò ai suoi
piedi. Il Leone lo baciò e disse: - Oh, ultimo Re di Narnia, che tu sia
benedetto! Hai affrontato con coraggio i momenti più difficili!
-
Aslan - disse Lucy con le lacrime agli occhi - potresti… vorresti… fare
qualcosa per questi poveri Gnomi?
-
Mia cara - disse Aslan - vi mostrerò adesso ciò che posso e ciò che non posso
fare.
Si avvicinò agli Gnomi ed emise un
piccolo ruggito. Piccolo per modo di dire, visto che fece comunque vibrare l’aria. Ma gli Gnomi si dissero l’un l’altro: - Avete
sentito? Devono essere quei birbanti, dall’altra parte della stalla. Vogliono
spaventarci, chissà con quale meccanismo infernale! Ma voi non fateci caso,
questa volta non ci cadremo!
Aslan sollevò la testa e scosse la
sua meravigliosa criniera. Come per incanto, ai piedi degli Gnomi apparve una
tavola imbandita con delizie di ogni genere: carni arrosto, salse prelibate,
frutta, torte e gelati dai mille gusti. E come se non bastasse, nelle mani di
ognuno degli Gnomi c’era adesso un grosso calice di vino rosso. Ma non servì a
nulla. Cominciarono a mangiare e a bere con voracità, ma si capiva chiaramente
che non riuscivano ad assaporarne il gusto. Credevano di mangiare e di bere ci
che di solito si trova in una stalla. Uno disse che stava cercando di
inghiottire del fieno, un altro che aveva trovato una vecchia rapa, e un terzo
sosteneva di aver messo sotto i denti foglie di cavolo marce. Poi, quando
sorseggiarono quel nettare divino, aggiunsero: - Come si può mandar giù quest’acqua
sporca e fetida? Oh, non avrei mai pensato che saremmo finiti così!
Ma ben presto ogni Gnomo cominciò a
sospettare che il suo vicino avesse scovato qualcosa di più buono raspando il
terreno, e così iniziarono a discutere e a litigare fra loro. Dopo pochi minuti
erano già passati alle vie di fatto. Volavano botte e schiaffoni, e così tutto
quel ben di Dio che c’era sulla tavola finì sui loro vestiti, o, peggio ancora,
fu scaraventato per terra. Ma quando alla fine, esausti, si sedettero di nuovo
per leccarsi le ferite e per riprendere fiato, qualcuno di loro disse: -
Comunque siano andate le cose, stavolta non ci siamo fatti imbrogliare. Hip hip
urrà! Viva gli Gnomi! Hip hip urrà! Che forza che siamo, ragazzi!”
Da:
C.S. Lewis, L’ultima battaglia, in: Le Cronache di Narnia, Milano 2000,
Mondadori, vol. terzo, pp. 270-273. Traduzione di Chiara Belliti.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.