All’investigatore Dario Losa piaceva filosofeggiare, preso
pure da fresche attitudini moderne, tipo il combattimento distinto dalla massa,
quello di matrice orientale, in cui mente e fisico si coniugano… un principio
indimenticabile vista una figura paterna profondamente seguace del Duce, da cui
ereditò comunque un’assistente fedele, tale Gianna Frigerio, grande lavoratrice
null’affatto evasiva, originaria della Brianza, sgarbata negli atteggiamenti
seppur elegante nelle pose.
Un giorno però si presentò Marta Riondino, una donna in
ansia per le sorti della sua ultimogenita, proveniente da Genova stando al
parlato e che si comportava in una maniera tale da poterla inquadrare nel ceto
mediamente borghese, avente poco o niente di che spartire con la Frigerio
stranamente; forse essendo così bella tanto da reputarsi come la migliore
ammaliatrice tra coloro che davano lavoro all’investigatore, convinto del resto
che qualsiasi godimento volgesse all’immensità.
Una mano sulla coscienza pareva d’obbligo giacché Dario si
sentisse invitato al recupero di un affetto incalcolabile, a costo cioè
d’inguaiarsi seriamente… ma la cospicua entrata economica preventivata lo
induceva a proseguire, tra i sospetti sulla Riondino che non voleva
assolutamente coinvolgere polizia e carabinieri, abile guarda caso a premunirsi
in possesso di armamenti, e… con un precedente penale derivante dal
favoreggiamento alla prostituzione di cui si seppe dopo!
Ossola è capacissimo a riprodurre scrivendo una e più
sequenze cinematografiche, raccogliendo e avvolgendo nelle tenebre delle
isolate sorti, dalla faticosissima attribuzione per il protagonista, Dario
Losa, dovendo egli avere a che fare con rivelazioni scottanti a getto continuo
(e per giunta sotto la lente d’ingrandimento impugnata dalle forze dell’ordine,
chissà perché), lungi da come si presentò quella donna; roba insomma da
risolvere una vicenda diversa, mettendo in ballo attitudini sia fisiche che
interiori non conciliabili sia nell’uno che nell’altro caso.
Della Vedova, il compagno della figlia della Riondino, si
trovava ad attendere per le lunghe Losa cercando malamente di mantenere un tono
di sfida prima di portarlo alla corte del suo impaziente padrone… questi si
chiamava Marcantonio Bellagamba, e andava scrutato per delineare una situazione
rinsaldando conoscenze di già sul medesimo, noto e rispettato a Milano per i
profitti che traeva non proprio in linea di legalità, ma con un’autorevolezza
evidente e senza destare arroganza, saggio nel gustare le sue prede dando adito
falsamente al buonsenso… e del resto vatti a fidare dei biglietti di
presentazione!
L’investigatore intanto decise di non battere più la testa
contro quel muro che di solito le donne erigono mentalmente, mentre una tantum
il giostratore della carne in casa Riondino badava con estrema scaltrezza
affinché non gli sfuggissero dei pezzi variegati e succulenti dalla griglia, e
non era altri che il marito (anzi, l’ex!), dall’aria un po’ desolata, pur
attentissimo a ciò che faceva, come ad accantonare per sfoderare di botto il
potere di una rivendicazione, senza preoccuparsi del luogo, né del motivo e
tantomeno della persona alla quale indirizzarla.
La spregevolezza prevale sul pericolo nei toni e nei modi di
fare, tanto d’avere l’impressione di non uscire da uno stato di passività, che
al Losa gli si ripercuote nuovamente, seppur il primo passo inteso per reagire
si coniuga alla sottigliezza di un tempo qual è quello della prevenzione, senza
quindi volgere allo sfacelo; consapevole di stare seriamente in fallo, ch’era
necessario riprendere solo ed esclusivamente il bandolo della matassa per non
sprofondare nell’abisso dei sensi.
L’investigatore seguendo l’istinto avrebbe potuto uccidere
chi gli metteva il bastone tra i piedi, se non fosse che riflettendo come un
essere umano che si rispetti aveva deciso di distaccarcisi, armato giusto per
salvarsi (abile comunque a sferrare colpi come una bestia indifferente e indefessa), rimanendo diffidente nei confronti
del guardiano di casa Riondino, che voleva vederci chiaro come lui, che pareva
innocente anche se sarebbe stata poi un’impresa titanica testimoniare
favorendolo, alla faccia di coloro che giocando d’astuzia gli avevano scaricato
tutte le colpe del caso.
A Corelli, al guardiano, Losa gli aveva fatto oramai la
cornice, indagando sui suoi precedenti fino a constatare un fisico scolpito
all’inverosimile e una dedizione nel salvaguardare chi gli dava lavoro a dir
poco lineare… erano gli altri a rimuginare sull’intraprendenza del protagonista
in positivo di questo thriller, senza immaginare la purezza dovuta
dall’ingenuità, ch’è tipica di tutti quelli che provano a risolvere qualcosa
tra la vita e la morte.
L’autore incuriosisce con svariate figure a prova d’umanità
che si scambiano il posto, che implicano altrettante storie che s’intersecano,
adoperando una verve confidenziale nella scrittura, uno slang fedele alle
radici semiborghesi d’individui inventati, che alla fine del secondo conflitto
mondiale colsero certe occasioni di rilancio che si sono rivelate poi
discutibili; roba d’essere riusciti a primeggiare, specie economicamente, in
una Milano da rimediare sempre, ma chissà se civilmente.
·
Daniele Ossola ha vissuto per molti anni a
Milano, dove ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio all’Università
Cattolica.
Ha ricoperto numerosi ruoli in ambito
sociale a Ranco, luogo dove ora vive, tra cui Assessore alla Cultura con la
direzione, iscritto all’O.d.G. di Milano, del periodico Il Gabbiano.
La grande passione per il teatro amatoriale
lo ha portato a fondare e dirigere alla metà degli anni ’80 “La Cumpagnia del
fil da fer”, formata da adolescenti e per la quale ha scritto le sceneggiature
e curato la regia.
Ha fatto parte della Compagnia Teatrale Isprese,
in qualità di aiuto regista e attore.
Ha coordinato laboratori teatrali di
dizione e postura, presso la Scuola Primaria di Ranco, occupandosi delle
sceneggiature e della regia.
Ha scritto anche fiabe e racconti,
partecipando con successo a numerosi concorsi letterari a livello nazionale,
convogliati nella pluripremiata raccolta Storie di tanti, pubblicata dalla
BookSprint Edizioni.
Una sua commedia brillante, L’incubo di
Capitan Uncino, fa parte della Collana Ars Theatralis de Il Convivio Editore.
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