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Carlo Dalla Rovere - Le vite nascoste


"Dunque una famigliola (eh sì, come dimenticare la figlioletta di nemmeno sei anni e la sua sacrosanta voglia di crescere) doveva assolutamente riprendersi da una batosta pesantissima, il male insito alla moglie di Carlo, non avendolo calcolato dapprima, oltre alle beghe lavorative del marito, dati pure dei colleghi ch’eccedevano in autorevolezza (altro che reputarle risorse umane), e che bisognava sovrastare… di colpo, agendo con la consapevolezza di essere indispensabili per il tossicodipendente ch’è privato se non privo di genitori naturali, in un contesto comunque tollerabile se agevolati da curatori della mente che la sappiano lunga, determinanti per il destino dello sprovveduto, altrimenti quest’ultimo si ritrova ad ammettere d’essere stupido dinanzi a della superbia a misura d’uomo, quella che si scaglia motivando lo stato d’inferiorità lungi dall’idea di guarire.
carlo dalla rovere le vite nascoste vincenzo calò

Tornando in comunità, Carlo sta ad ascoltare racconti di vita da volti offesi ripetutamente e violentemente con parole urlate dai genitori, ai quali si dovrebbe voler bene all’infinito… volti che incassano, per poi sfogarsi in un momento che non è mai opportuno, innocentemente, senza contare come ci resti di sasso quando all’improvviso non ha senso chiamare al numero della persona che desideri con tutto te stesso, e sei costretto a intimorirti per denotare i danni che si arrecano andando fuori di testa.
Si necessita, prima che delle cure, del posto consono, per aspirare alla lucidità mentale scorgendo dell’intelletto nel sorridere proprio come fanno i bambini… una massima da concretizzare provando un minimo d’emozione sempre, sensibili tanto d’accarezzare un corpo più o meno caldo, ovvero dell’assenza al momento di confermarla, e commuoversi perché si trattava di quell’affetto in grado di perseverare passando sopra ogni confessione impronunciabile, che quindi senza volerlo era il miglior esempio da seguire per lavorare bene.
In comunità, e nonostante le glaciali temperature tipiche dell’inverno, è inammissibile la solidarietà tra i pazienti, cioè il più bello dei gesti d’amore qual è sortire calore con quel poco che si ha, dati i sensi d’accertare giorno per giorno… e se le regole non vengono rispettate bisogna sacrificarsi, collaborando per mantenere l’igiene in tutta la struttura, o meglio ancora privandosi di una personale abitudine del tutto legittima… altrimenti a scontare la pena ci finisce chi n’è la causa seppur dolcemente!


Il senso di panico si annida emotivamente, lo si subisce sulla strada; attento Carlo a non creare l’ingorgo per troppi mezzi di trasporto da svuotare, distogliendo una crisi di nervi ben presto per aiutare il “Prossimo”, che spesso si bucava e rinsaldava il traffico degli stupefacenti avendo l’impressione d’essere utile per qualcuno, ma a cui gli mancava una famiglia premurosa, che preservasse del piumaggio dalle cattive correnti d’aria, dall’improvvisa richiesta di un passaggio all’estraneo di turno, come se dediti in fondo alla prostituzione.
Il cambiamento semmai era riconducibile allo 0 alternabile con l’1, al principio di ogni impianto d’illuminazione meramente artificiale, per il resto si scontava una sorta di fracasso prima e il trasporto di un cadavere dopo... oltre all’idea di morire che iniziava a stuzzicare una donna, col marito consapevole di lottare per destare costantemente interesse, e non soccombere a dei valori altisonanti di cui sincerarsi mai senza fatica, data questa società che non ammette repliche positivamente, sterilizzando accorgimenti circa il discutibile tentativo di guarire insito alla persona che si ama e da amare rinfrescando modi e toni del tutto propri affinché si possano intuire altrove, affianco.
Tecnicamente, v’è un’energia ritmica, che il lettore può sentire nella fluidità di ciò che accade e che viene costruito narrativamente con buona volontà e ambizione.
La struttura del testo sembra fremere per un pensiero dominante, spartito tra profili tracciati con familiarità e imprendibilità di visioni.
Figure e atmosfere di attendibilità sociologica sono realisticamente intense, generano la voglia di un confronto intellettuale in momenti essenziali ma scorrevoli.
Il linguaggio fa capo a degli umori velati, fuori dall’ipocrisia, suggellando il delicato equilibrio tra due situazioni chiave che si alternano di continuo.
Opera sincera, che comporta una toccante riflessione su confini da esplorare, intrisi d’impegno sociale e rabbia del tutto personale… opera di un’appartenenza che si deduce dal tono, dal modo e dallo spirito di narrazione, così intimo, istantaneamente malinconico, e dolente.
La scrittura (che nello stile ricorda quella di Cesare Pavese) va dritta al punto, pretenziosa al punto giusto, accennando lievemente, con fascino, all’estremo, allo straziante, al passionale… essendo leggibile l’amarezza intimistica per quant’è piacevole la geografia degl’interni di una fisicità corrispondente alla sacralità di ricostruzioni emozionanti nonostante i tempi feroci.
Libro che addirittura si può leggere partendo da qualsiasi punto, importante al momento giusto data la traduzione delle deduzioni sentimentali in parole, che magari presuppone la discesa negli abissi mentali con un’apologia morale, meccanica… ma che arriva a dimostrare come, attraversando la propria esistenza, ci si può distaccare dall’Io essenziale senza pietismo né esibizionismo, con una chiusura comunque enigmatica.
Emerge dell’accuratezza d’impianto cinematografico, i capitoli sono sequenze di un’esigenza di concretezza, di cose stabili, forti come solo le emozioni lo possono essere.
Ironia e introspezioni risultano dosate con precisione per rivelare sentimenti profondi a fronte di ragioni inconfessabili, tra storie e destini distinti con precisione e profondità descrittiva di procedure (scontate le ambientazioni) prossime alla compattezza, all’unicità.
La presenza umana è una superficie eternamente riflettente per soggetti il più delle volte purtroppo non lineari e asciutti nel segno del rispetto, di un universo cupo, claustrofobico, dacché emblematico è il coacervo di rifiuti spirituali.
Concentrarsi sulla psiche significa infatti osservare fenomeni d’aggiornare con voci spesso e volentieri momentanee, che s’intrecciano… di un’emozione corrosiva."


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