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Vincenzo Calò intervista... Sabrina Santamaria

Sabrina Santamaria è nata a Messina il 27 aprile 1994. sabrina santamaria intervista
Sin da adolescente si è appassionata alla Letteratura.
Nel 2016 ha pubblicato il suo romanzo di stampo diaristico-epistolare che si intitola Germogli… scritti in emozioni.
Ama moltissimo le scienze umanistiche, infatti ha conseguito la laurea in Scienze della Formazione e della Comunicazione a Messina.
Attualmente  frequenta la Magistrale in Scienze Pedagogiche.
Durante il tempo libero scrive recensioni letterarie per il blog Verso - Spazio letterario indipendente.
Ultimamente si cimenta anche con la poesia: il Cavaliere della Poesia, Silvano Bortolazzi, l’ha nominata guardiano dell’Unione Mondiale dei Poeti; e la casa editrice Kimerik  per il concorso “Unione mondiale dei poeti 2018” ha pubblicato una sua lirica dal titolo “La libertà del poeta”.
Cara Sabrina, secondo te in che consiste il piacere di distinguersi dall’andazzo sociale? Dai l’impressione di voler misurarti sempre meritocraticamente, s’è così, vale dire che ciò è da temerari? 
Essere diverso ti dà la soddisfazione di essere ricordato da chi ti conosce, di non omologarti alla massa rendendoti “amorfo”. Puoi anche non piacere, apparire antipatico, ma hai la soddisfazione di essere te stesso e non un fantoccio che gli altri desiderano. Sicuramente eccellere in qualcosa è un modo di essere diversi in una società di giovani che pare vogliano rassegnarsi alla mediocrità, è da temerari da certi punti di vista perché le persone ambiziose non vengono sempre viste di buon occhio. Spesso per essere ben voluti bisognerebbe essere marionette, ma non è così, noi tutti abbiamo delle peculiarità da esprimere. 
Il nostro Paese sembra proprio che abbia smesso di sognare, tanto vale allontanarcisi? 
No, il vero sogno è cercare di costruire e rendere migliore il nostro Paese. Il vero sognatore trasforma valli desertiche in prati fioriti. Si può sognare anche in un luogo apparentemente sterile se possediamo ali robuste, non a caso il mio romanzo l’ho dedicato a tutti i giovani che hanno voglia di sognare, nonostante le delusioni subite, la tristezza, la noia, i problemi nonostante tutto!
Stare da soli serve a inquadrare qualsivoglia sentimento? E se sì, per poi? 
Stando da soli possiamo certamente nutrire la profondità del nostro essere, ma non tutti i sentimenti possono essere inquadrati; perché, se ci pensiamo bene, come possiamo coltivare certi sentimenti da soli, tipo il voler bene o l’amore, abbiamo bisogno anche di una sana relazionalità per confrontarci e perché no per crescere con gli altri che riflettono sempre uno specchio di noi stessi.
La parola deve per forza svilupparsi in un fatto? 
La parola ha moltissimo potere sulle persone, spesso può lenire ferite, ma anche far tanto male. La parola ha una forza intrinseca, il sofista Gorgia la definiva “potente Signora”. Senza la parola non esisterebbe poesia… spesso è delizioso farsi trascinare nella morbidezza di  un fiume di parole allontanandoci anche per pochi istanti dalla datità oggettiva dei fatti che in alcuni casi pare vorrebbero annientarci. Dipende anche dalla situazione, è ovvio che in una relazione amorosa non basta dire “Ti amo”, le azioni dimostrano i veri sentimenti.
Per mezzo della letteratura contemporanea è possibile relazionarsi con tutti? 
Secondo me no perché non tutti amano leggere. Inoltre dipende dai generi letterari, la letteratura  contemporanea è un campo troppo vasto per poter racchiudere tutte le persone  in modo generico.
Quale carattere di scrittura ti piace prestabilire, e perché?
Non seguo un carattere di scrittura prestabilito, cerco di sentire profondamente il mio essere, le mie sensazioni, e metterle nero su bianco. Per me l’apice di uno scrittore è emozionare qualcuno, anche una sola persona al mondo.
Per te c’è differenza tra leggere e studiare?
Da studentessa ti rispondo che ci sono delle differenze: leggere è qualcosa che richiede l’attenzione del cuore, è un’attività ludica dacché ti concentri negli aspetti che preferisci studiare è un lavoro che si compie con la mente innanzitutto, si pone in questo caso un’attenzione analitica a tutti i punti salienti di un testo; è un esercizio mnemonico perché bisogna ricordare bene per esporre un libro o parti di un testo. Capita raramente che studio e lettura di piacere si uniscano in un'unica attività, e quando questo accade diventa un’esperienza che auguro a tutti gli studenti di fare!
Ti andrebbe di raccontarmi dell’ultima grassa risata che ti sei fatta?
Sorrido spesso, sono felice in fondo. Difficilmente sono di cattivo umore, ma se parliamo di grassa risata me la sono fatta quando un novantenne mi scrisse un messaggio su Facebook dicendo di  volermi  incontrare  di persona, possibilmente da soli,  per  un aperitivo sostenendo di non trovarla una cosa strana e fuori dal comune… ovviamente sono scattata in  una fragorosa risata!
“Germogli… scritti in emozioni” (a cura di Clara Russo / Di Nicolò Edizioni)
La composizione di un testo confidenziale, da custodire nel cuore, proprio o di una persona cara, trattasi ogni volta del miglior metodo, dacché autentico (seppur complicato) per divenire personalmente coscienti di determinate emozioni, avendo a che fare con uno stile che provoca parole d’istinto, da legare prima o poi per essere considerati da fuori.
È bene quindi consolidare la maniera opportuna per sviluppare delle doti espressive sin da giovani, senza contare che spesso essa coincide con l’occasione di diffondersi più propizia per i maggiori letterati, dovendo difatti mettere a corrente degli esseri innocenti su ciò che proviamo davvero, non badando a dimostrare di avere del garbo culturalmente… o viceversa, mantenendo cioè un impegno come descrivere con raziocinio un aspetto emotivo a tal punto da risultare spontanei.
Quest’opera letteraria dà voce alla privacy incorporata da una ragazza, per cui occorre essere pazienti nel rappresentarla con espansività, tralasciando le scadenze fissate dall’oggettività degli eventi.
L’epistolario racchiuso nel libro è pari a una divagazione che si può considerare attuale, atta a responsabilizzare i lettori, specie chi non vede l’ora di dichiararsi maggiorenne.
La scrittrice ha a che fare con della fitta gioventù per animarsi, dovendo alternare la volontà d’amare con l’inflessibile intento di emergere nella società concretamente, per mezzo di un’onestà intellettuale d’alimentare studiando guarda caso, in “Germogli… scritti in emozioni” i riferimenti a certi miti della letteratura imperversano, utilizzabili come dei salvagente per galleggiare in un periodo della vita alquanto complesso, che Sabrina ha finito da poco di affrontare, e senza i quali lei sarebbe implosa, a scapito del suo domani, preda di un via e vai passionale da inquadrare senza passare indifferente, ma con quella sensibilità che serve per liquidare delle difficoltà lungi dall’elemosinare qualcosa di decisivo per sé, di speciale.
Rimane comunque evidente alla lettura l’impossibilità di sbloccare delle situazioni, eppure, tra l’innamoramento dirompente nei confronti di un giovane straniero, il riappropriarsi di sentimenti che parevano persi, e l’inabissamento nella memoria del tutto individuale, probabilmente spunta in esclusiva quell’attitudine sferzante, ossia la convinzione d’intraprendere degli studi nello specifico, da rinsaldare quotidianamente, nuovamente, per raffinare l’intelletto rivendicando una laurea, per una questione di principio d’attribuirsi a ogni respiro che va fatto bene per progredire e scacciare tutti i dubbi del caso.
La ragazza che scrive queste lettere, Valentina, punta a rifarsi spiritualmente, consapevole di non appartenere all’ordinario, a costo di apparire impopolare, in balia dei suoi desideri.
Colui che le riceve come nessun altro si chiama Antonio, una persona fidatissima ma estranea ai più, che non replica.
Sabrina con cotanta accezione comunque riesce a rispolverare del culturale intendimento, reggendo amabilmente a scopo d’istruire degli autori che hanno fatto la storia del Pensiero, e ciononostante resta piacevole, scorrevole l’argomentazione per i giovanissimi che sono ansiosi di coltivare delle esperienze, come per coloro che le hanno maturate ma che non si sono ancora stancati di sognarle con occhiate furtive ma dense di commozione, e accordi da siglare con tutta una ripercussione fisica, motivazionale.
La freccia di Cupido s’indirizza s’un ragazzo di nome Osama, un soggetto incantevole per quant’è ottenebrante, irraggiungibile a seguito di un timore che sembra predefinito, occupante l’immaginazione pari al battito cardiaco, duro d’ascoltare.
Ecco allora l’esperienza senza precedenti poiché intensa e intima, che solo forse chi scrive, alle prime armi, è in grado di riprodurre in parole, andando oltre l’obiettivo che si manifesta al di sotto delle aspettative, come una distanza incolmabile se Osama non può (o non vuole?) percepire il sentimento dell’altra parte, ma che va osservata in compagnia ugualmente, di una brava persona anche se in pura teoria (Antonio), capace di acconsentire che un tracciato lo si ritenga importante per i singoli passi che facciamo.
Parole da riaprire per un affetto sincero, complesso a causa di un’età delicata… infinito purché qualsiasi destinatario di questo racconto lo immagini liberamente, per quel bene comune denominato Domani.
Sabrina componendo sortisce quella sensazione di fermare l’attimo con del riserbo, col disegno di un respiro le sue missive sono talmente significative da ritrovarsi in ben altra epoca, distaccati dalla desolazione moderna, attribuibile alla parola che viene offesa a forza di abbreviarla… dalla comunicazione che oggi brancola nel buio di un motivo invalidante la sensibilità, e il riserbo d’immediata conseguenza.
La protagonista ammette che le piace tessere parole passando sopra i significati delle medesime, dibattendo su riflessioni estremamente teoriche se non predata dal cuore che le solleciterebbe ben altro dialogo, quello da mettere in pratica con Osama, desueto per le persone che le capitano a tiro solitamente; a dimostrazione di un’anomalia in merito alla sua immagine di studentessa senza se né ma, come anche del fatto di rafforzare quest’ultima, a seconda insomma dei sacrosanti alti e bassi d’umore.
Sabrina, l’autrice del libro, combatte per i suoi obiettivi desiderandoli a dispetto delle negatività accresciute dalla mancanza di conoscenze indispensabili per vivere.
Lei si rende battagliera giustappunto per dare un contributo alla società privo di attenuanti, relazionandosi per sentirsi presente nel respiro da inculcare, energica.
Con questo racconto ti accorgi che persistono pulsioni vitali e non repulsioni mortali; e le prime vanno confermate splendendo nell’anonimato civile, con la bellezza di commuoversi per il fatto di non passare assolutamente indifferenti a un caro sguardo, seppur valga la pena rinnovarsi in termini affettivi, rinfrescanti.
Osama quando scambiava parole con Valentina, fissandola negli occhi, sosteneva che preferiva non rapportarsi col genere femminile; come se oppresso da un divenire doveroso, da un progresso che richiede l’anima dei giovani amorosamente, a seguito di una soluzione tanto carismatica quanto reciproca.
Sabrina Santamaria constata dell’amaro in bocca a seguito di illusioni che restano tali fino a impossessarsi della ragione e soffocare l’umanità, l’idea di andare oltre.
Per la scrittrice, l’umanità incuriosisce se ci si diverte a mischiare le tonalità di colore con la varietà di ruoli da mantenere distinguendoci dalla massa, proprio per il suo bene, per il buon esempio da studiare a menadito nella confusione generata invece da insanabili rotture sentimentali, solo così, secondo Sabrina, le sorprese della vita avranno un senso all’infinito, l’osservazione del tutto intima nei riguardi dell’individuo che ci attrae, come nel caso di Osama, di quell’essere ambiguo però al contempo trascinante una volta intravista dell’autenticità da ingranare col coraggio di guardarsi dentro, col necessario per liquidare degli ostacoli, a costo di voltare pagina definitivamente, pensando però di avere tra le mani un libro dalle pagine immacolate.
Chi n’era innamorata avrebbe dovuto rapportarsi con l’Islam, aldilà della curiosità circa le pretese più o meno giuste di un essere amato, fermo restando che la disconoscenza non annulli completamente il circondario a riprova di un ego agghiacciante insito all’essere umano.
Per lei, Valentina, avevano la precedenza comunque certi desideri carichi d’onestà, che si manifestano nel sonno, al buio, per lasciare il segno al risveglio, come se stretti in pugno, nel profondo.
In questo racconto dunque si contrappongono delle civiltà distinte, delle verità che non riescono a contattarsi ma che non vengono affatto defraudate, pacifiche se l’unità d’intenti non volge alla privacy a dimostrazione che chiunque culla la sua sorte, disponendo di un soggetto per raccontare ciò che vogliamo, e soprattutto della libertà di dare forma umanamente al protagonista ideale di una storia nell’intimo agire da qui, l’entusiasmo illuminante il singolo immaginario, sventato il pericolo di soccombere alla solidarietà che si sviluppa d’istinto guardando solo a se stessi.
Osama rappresenta un mito vivente pur sempre, essendosi preso il rischio di spostarsi dal suo devastato luogo d’origine ignaro della benché minima meta da raggiungere, come un vero uomo di strada, meritando di ricevere spontaneamente del sostegno, e colmare del vuoto rifacendosi una vita; scoprendo la passione insita alla donna che ama, ma che sappia quello che vuole, impegnandosi a conoscere di più cose possibili l’impossibilità d’impadronirsene, dato che proprio ciò alimenterebbe quel male incurabile qual è l’egocentrismo.
Valentina scrive a un amico come tanti, che può succedere di lasciarlo perdere per tanto tempo, stando a uno screzio che magari rasenta il ridicolo, fino a riflettere su come si materializzi una sottospecie di copertura sterilizzante i sentimenti, col passare degli anni, quando piuttosto il cuore andrebbe rigenerato con intima reciprocità, consapevoli delle debolezze altrui, da tutelare nel quotidiano per meravigliarci del nostro essere.

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