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La vergine di ferro - I, 8


Parte I: Labirinti

8.

Terzo Flashback 

Nilde si trascinò nel buio, via da quel catafalco da cui si era gettata con la prima forza che aveva recuperato. La sua mano destra stringeva convulsamente la katana trovata al proprio fianco, nella bara. Nella sua mente ancora obnubilata, cominciavano a farsi strada alcuni ricordi – alcuni versi di S. Giovanni della Croce, letti un’infinità di tempo prima:

En una noche oscura,
con ansias, en amores inflamada,
¡oh dichosa ventura!,
salí sin ser notada,
estando ya mi casa sosegada...

Sì. Cominciava a ricordare – lentamente – anche il modo in cui era giunta lì.

En la noche dichosa,
en secreto, que nadie me veía,
ni yo miraba cosa,
sin otra luz y guía
sino la que en el corazón ardia...

Si fermò e respirò a fondo. Il suo lungo abito le rendeva ancor più difficile quel procedere insicuro, di corpo malamente resuscitato. Le sue gambe si piegarono ulteriormente e cadde carponi. Pose a terra la mano sinistra. La destra non lasciava l’elsa.

Aquésta me guiaba
más cierto que la luz de mediodía,
adonde me esperaba
quien yo bien me sabía,
en parte donde nadie parecía.

Soffocò la disperazione.


[Continua]

Pubblicato su Uqbar Love, N. 147 (28 agosto 2015), pp. 36-37.

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