Passa ai contenuti principali

Il complesso di Turandot

Un simbolo piuttosto fiabesco e popolare della crudeltà è la principessa cinese Turandot, protagonista dell’omonima opera musicata da Giacomo Puccini (1858-1924) su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni e completata postuma da Franco Alfano (1926). È il genere particolare di questa leggendaria crudeltà a colpirmi.
            Turandot è bellissima e vivamente intelligente. È circondata dall’affetto del padre, dalla venerazione di un intero popolo, dall’amore degli innumerevoli pretendenti. Per certi versi, ha perfino cuore, come dimostra la sua profonda commozione davanti al destino della sua antenata Lo-U-Ling, violentata da un principe straniero. Ciò che muove le sue azioni è la “voce” di una vittima innocente.
            Proprio questo “cuore” e questo sdegno per l’ingiustizia, però, fanno di Turandot un mostro. Assorta com’è nella “voce che grida dalla tomba”, dimentica l’amore per i vivi. Anzi, di essi fa le vittime da sacrificare alle ceneri della fanciulla sventurata. I pretendenti che giungono innamorati da ogni angolo della terra non sono per lei che “i simili” dell’antico violentatore. Lui rimase impunito; loro, ora, devono pagare al posto suo, pur se amorosi e incolpevoli. La prova d’acume –i famosi tre indovinelli – con cui Turandot dà ai pretendenti una possibilità di salvarsi non è che un tranello con cui attira i capri espiatori, grazie alla falsa speranza della vittoria e del premio.
            Questo tipo di prova, però, fa sì che “il vero amore” e il salvatore dei giovani illusi coincida con il campione d’acume. Calaf è colui che risolve i tre indovinelli, ma anche colui che riesce a riscaldare il cuore di Turandot, col timore prima e con la passione poi.
            Divenire “una Turandot” è più facile di quanto si pensi. La storia dell’umanità, in buona parte, è un catalogo di atrocità perpetrate per i più svariati motivi, profondi o pretestuosi. Un’anima generosa e focosa non può fare a meno di sdegnarsi, di schierarsi coi “buoni” abusati contro i “cattivi” che li hanno colpiti. Il rischio di questo “romanticismo”, però, è di voler disegnare un campo bianco contro un altro campo nero, laddove la realtà è invece grandemente sfumata. Per quanto sia possibile stabilire una differenza tra le vittime innocenti e i loro carnefici, non è sempre facile stabilire con sicurezza la causa del sopruso. Spesso, più che di “una causa”, si tratta di un vortice di con-cause. E voler giustiziare il “capro espiatorio per analogia” non lava nessun sangue: ne sparge altro inutilmente, semmai. Che si tratti spesso di sangue soltanto metaforico può essere confortante… forse.
            Dove c’è Turandot, ci vuole Calaf: ovvero, qualcuno che abbia “mente fredda e cuore caldo” (per dirla con F. Nietzsche). Qualcuno che sappia –allo stesso tempo – dimostrare alla Turandot di turno l’altissima discutibilità teoretico-morale del suo atteggiamento, ma anche riattivare l’amore per quei “vivi” preziosi e irripetibili in cui, prima, vedeva soltanto le ombre del Male da combattere. Certo, far discendere l’adamantina principessa dal suo piedistallo può sembrare dissacrante e antiromantico. Ma, se ciò vale a neutralizzare una potenziale fonte di pianto e stridor di denti, ben venga.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...