Negli ultimi anni, “classifica”
è stata una parola familiare nell’ambito dell’università e delle riviste
specializzate. Il 9 ottobre 2013, l’Aula Magna dell’Università di Pavia ha
ospitato la conferenza di un docente del medesimo ateneo, il prof. Giuseppe De Nicolao (Facoltà di
Ingegneria, Dip. di Ingegneria Industriale e dell’Informazione). Il titolo era:
VQR: maneggiare con cura. La
conferenza riassumeva il lavoro condotto dal blog ROARS - Return On Academic ReSearch
Esso è stato fondato il 30 settembre 2011. La sua redazione raccoglie
rappresentanti a diverso titolo del mondo accademico. Il suo scopo è ridare all’università quella
voce non interpellata dalla “riforma Gelmini”, costruendo un network che superi le barriere
disciplinari.
“VQR” è l’acronimo di “Valutazione della Qualità della
Ricerca”. Questo progetto è stato formalizzato dal Decreto Ministeriale
(Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ovvero MIUR) del
15 luglio 2011 e bandito ufficialmente il 7 novembre 2011. La VQR ha riguardato i risultati
della ricerca scientifica ottenuti nel periodo 2004-2010. Il progetto si è
articolato in 14 Aree disciplinari, elencate al paragrafo 2.1 del Bando di
partecipazione. Per ciascuna, è stato costituito un Gruppo di Esperti della
Valutazione (GEV) a opera dell’ANVUR: l’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca,
regolamentata da un decreto del Presidente della Repubblica (1 febbraio 2010,
n. 76). La valutazione dei soggetti che svolgono attività di ricerca si sarebbe
basata sulla valutazione di prodotti come articoli, libri e capitoli di libri,
edizioni critiche, traduzioni, commenti scientifici, brevetti e altro. Questa
via era già stata tentata in Inghilterra, con il suo Research Assessment
Exercise (RAE), svolto l’ultima volta nel 2008 e che nel 2014 prenderà il nome di Research
Excellence Framework (REF). Lo stesso dicasi dell’Excellence of Research in
Australia (ERA, 2010). Gli Inglesi avevano escluso fin dall’inizio l’idea di
una valutazione automatica dei lavori scientifici mentre gli Australiani si
erano basati su classifiche di riviste, poi abbandonate perché ritenute
malfatte e potenzialmente dannose. La VQR italiana, invece, ha valutato
i lavori delle “scienze dure” (matematica, fisica, chimica, geologia, biologia,
medicina, veterinaria, ingegneria e psicologia) mediante un’inedita “matrice di
corrispondenza” così strutturata:
L’indicatore bibliometrico è
riferito alla rivista in cui un dato articolo compare. Una pubblicazione può
rientrare nelle seguenti classi: A (Eccellente); B (Buona); C (Accettabile); D
(Di valore limitato). “IR” significa “Informed Review”; etichetta quegli
articoli che non hanno totalizzato un punteggio decisivo e che saranno
soppesati da esperti del settore. A causa di errori e problemi tecnici, le matrici di corrispondenza non sono uguali
per tutte le aree scientifiche, cosicché, nelle classifiche di qualità, sono
state avvantaggiate le pubblicazioni di Area 09. Ciò significa anche punteggi più
alti per i Politecnici rispetto agli Atenei
generalisti e per i Dipartimenti di ingegneria industriale e dell’informazione
(tranne quelli composti prevalentemente da ingegneri informatici). La questione
si somma a quella della “formula
ammazza-atenei”, così battezzata dalla ROARS. Si tratta, appunto, della
formula in base a cui sarà assegnata la cosiddetta quota premiale del finanziamento
pubblico:
Il paragrafo 2.4 del Bando di
partecipazione prevede anche punteggi
negativi. Ciò significa che il denominatore della frazione potrebbe essere
uguale a 0, il che renderebbe impossibile il calcolo. Oppure, se numeratore e
denominatore fossero entrambi negativi, il risultato sarebbe positivo e
premierebbe atenei negligenti nel segnalare i propri prodotti della ricerca.
Oltretutto, rischia d’innescarsi un meccanismo di punizione collettiva d’una struttura (efficienti ricercatori
penalizzati da colleghi inattivi, ecc.). ROARS, contro tutto ciò, richiama i confronti
internazionali sulla produzione scientifica, raramente commentati dai
giornali che preferiscono dare eco a classifiche di atenei di dubbia
scientificità, i quali testimonierebbero un positivo impatto degli atenei
statali italiani sulla comunità scientifica internazionale, a onta dei
finanziamenti non opulenti. Secondo ROARS, l’ANVUR avrebbe abbandonato il
rigore tecnico a favore di logiche da “crociata”,
volte a punire l’università pubblica come fonte di “sprechi”. D’altronde –disse
un bellospirito- con la cultura non si mangia.
Inchiostro, novembre 2013, pag. 6
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