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Dio salvi Salgari


Lo confesso. Anch’io sono entrata in libreria e l’ho comprato: un tomo intero di romanzi di Emilio Salgari. Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Mi sono lasciata arruffianare da quella girandola di armi ed amori, di donzelle in pericolo e pirati gentiluomini, recitanti in scenari più finti delle torrette di Pisa segnatempo. Ho seguito Sandokan nelle sue spericolate avventure, puntualmente interrotte da digressioni, opportune come lo squillo del telefono durante il bagno. “Non sapete quanto siano buoni i semi del durion…” Tu ti senti, d’un tratto, un comune mortale, perché lo conosci solo come impiegato nelle torture dal Rapitore Seriale di Facebook. E la Perla di Labuan, tutta bionda dal dolore (O. Wilde in saecula saeculorum), coi sospiri potrebbe spingere la nave del suo pirata fino alle isole Azzorre.

Quanto a Sandokan, ogni volta che apre bocca, intona un’aria pucciniana o simili. Sia che rimpianga la sua donna, sia che apostrofi il supercattivo, tu t’aspetti che un pubblico acclami e si prodighi in applausi.

            Non parliamo di Tremal-Naik, noto per la pet therapy a base di tigre e il free climbing sulle pagode. I suoi rendez-vous si svolgono ai piedi d’una statua ingioiellata da teschi; la signorina che lo intrattiene è sobria quanto una ballerina al carnevale di Rio de Janeiro. Il tutto mentre s’aggirano figuri non esattamente qualificabili come camerieri.

Tu, intanto, trepidi, perché non sai che fine faranno i boccoli del Corsaro Nero, nella battaglia di Maracaibo. Devono essergli costati ore di lavoro col ferro caldo, alla mattina.

Ma, in fondo, va bene così. Nei romanzi non ci vuole un sangue troppo sanguigno. Del resto, che altro succede in quelle opere liriche tanto osannate? Salgari ha solo esaudito le richieste del pubblico: amori, avventure, esotismo a tutto spiano, di quelli che facevan tanto sospirare Madame Bovary. A suo modo, ha rispecchiato la realtà. Noi non salperemo mai per Mompracem; ma saranno i tigrotti della Malesia, magari, a godersi la pensione sulle nostre spiagge. Davide Van de Sfroos pronostica bene, in questo senso.

            I romanzi salgariani sono leggeri come i colori in un caleidoscopio. Ci permettono di essere eroi per qualche mezz’oretta, risparmiando il nostro sangue. Son fatti per essere goduti, saporitamente, senza freni. Seguendo la scia spumosa della Marianna, possiamo perfino dir che il naufragar… è dolce in questo mare.


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