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Schegge di luce

Dal 10 al 12 ottobre 2015, la Sala Mostre del Municipio di Manerbio è rimasta aperta a chi volesse gustare una piccola scelta di scatti fotografici. L’iniziativa era a cura del Fotoclub Manerbio, detto anche Gruppo Fotografico Manerbio. «È un modo per incuriosire la gente, ormai abituata alle fotocamere digitali» ha spiegato Damiano Putignano, il presidente dell’associazione.
            La diffusione capillare della tecnologia digitale ha infatti trasformato lo scatto in un’abitudine, un modo per fissare momenti in modo anche distratto o compulsivo. Altra cosa è l’arte della fotografia per gli appassionati e gli intenditori. L’immagine fissata su pellicola o in una scheda di memoria è una realtà altra rispetto a quella che si ha davanti agli occhi. Lo è anche senza l’uso di modifiche particolari. L’obiettivo ferma, ritaglia; registra riflessi, giochi d’ombre, posizioni che entrano a far parte dell’oggetto rappresentato. Una minima variazione della luce rende irripetibile un quadro. 

            La mostra del Fotoclub ha così voluto giocare con la varietà delle tecniche. Non si trattava solo di “pellicola VS digitale”, ma anche di confronto tra le immagini a colori e quelle in bianco e nero, fra il panorama e il dettaglio. Comparivano silhouette in controluce, primissimi piani, giochi di variazione sulla profondità di campo.
            Diversi erano anche i soggetti. Paesaggi di montagna erano affiancati a file di giovanotti che voltavano la schiena a un muretto, o a coppie che s’incontravano per caso in una città d’arte. “Romeo e Giulietta” erano riproposti in versione modernissima: una coppia in controluce sullo sfondo del mare, mentre si scambiava un bacio reso ideale dalle condizioni luminose. Bambine peruviane e donne africane; la bellezza di castagne lucide, nei ricci irti; città dell’Estremo Oriente e dell’Estremo Occidente; grattacieli in vetro o palazzi cinesi in legni variopintissimi. E ancora: uccelli in volo, o adagiati sulla seta cangiante dell’acqua; l’ “avvicinamento al minuscolo” sotto forma di un martin pescatore che stringeva la preda. L’uscita dall’atmosfera, per ritrarre una nebulosa. 
La vita e la morte si affiancavano, nell’immagine di un uccellino posato accanto a un fiore offerto a una tomba. La sabbia di un deserto si stendeva come seta; oppure, il “Progresso” compariva sotto forma di un aereo che valicava nevi sfidate – fino allora – soltanto dagli animali selvatici.
            Molti modi di mostrare la fotografia come passione per l’ “attimo fuggente”: ciò che l’occhio nota solo in un istante e che l’obiettivo strappa al movimento permanente della realtà.

Paese Mio Manerbio, N. 101, ottobre 2015, p. 18.

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